di PrometeOrvieto
Ospedale di Foligno, in un comune giorno lavorativo, nella sala di attesa di un reparto, cinque persone attendono di poter parlare con uno specialista. Sono tutte e cinque del territorio orvietano, parlando scoprono di essere lì solo per ritirare il referto di un’analisi già fatta ed ascoltare due parole dallo specialista di turno su come proseguiranno le cure. 10 minuti in tutto a persona, alcuni fragili accompagnati da un parente che ha dovuto prendere ferie.
È questo il futuro che ci attende?
In questo periodo abbiamo assistito a tante chiacchiere nel territorio. É stato approvato un documento pubblico (relazione finale della Commissione Consiliare Sanità) che ha visto tutti i partiti insieme, ma il giorno dopo si litigava già, per poi tornare a fare buoni propositi di lavorare insieme il giorno successivo.
Noi pensiamo che piuttosto di procedere in questo modo, un sano contrasto sia molto meglio se serve a cambiare questo stato di fatto. Senza entrare nel merito specifico, questo modo di fare è la negazione di tutto quello che dovrebbe prevedere il nuovo piano sanitario e la dimostrazione di come è ridotta la sanità nel nostro territorio. L’ospedale di Orvieto ad un DEA di primo livello non assomiglia proprio, lo è soltanto nelle promesse. Mancano veramente tante cose, mentre per la Medicina territoriale il punto unico di accesso non si sa neanche cos’è.
Si spendono i soldi del PNRR per realizzare telemedicina, televisita, COT ma tutto questo apparato poderoso non riesce a fare quello che si può fare con una semplice videochiamata, magari tra le due strutture ospedaliere così da mantenere l’assistenza in caso di notizie spiacevoli. La regione e la USL dimostrano di non avere un controllo su come vengono svolte le attività, che sembrano non tenere alcuna considerazione le necessità delle persone. La politica locale, al di là del finto tentativo di mettersi insieme, non affronta i problemi reali delle persone, senza alcuna visione prospettica e di strategia.
La sanità privata si frega le mani per uno spazio sempre più ampio davanti a sé, e a chi importa se la parte più fragile non se lo potrà permettere, nessuno se ne cura. Se questo è il futuro che ci aspetta, a noi non sta bene e preferiamo non accodarci al conformismo. Almeno non avremo il rimorso di non averci provato e non aver messo in secondo piano gli interessi dei cittadini rispetto a quelli delle varie consorterie.Diremo pane al pane, e vino al vino.









