
Abbiamo inviato una lettera aperta alla Presidente Proietti e alla Direttrice Salute e Welfare Donetti. Non abbiamo la presunzione di scrivere noi il Piano Sociosanitario, ma intendiamo condividere alcuni criteri che riteniamo fondamentali per valutarne l’adeguatezza rispetto ai bisogni di salute della nostra comunità.
Siamo consapevoli che la Regione deve affrontare l’arduo compito di adattare le direttive nazionali alle specificità locali, gestendo la forbice tra costi tecnologici in aumento e risorse economiche limitate. Tuttavia, la premessa è doverosa e parte dai dati: la Fondazione GIMBE ci dice che l’Umbria ha un numero di medici e infermieri superiore alla media nazionale, eppure il tasso di rinuncia alle cure è elevato. Questo paradosso è causato da un problema organizzativo evidente, che si rispecchia anche nell’allocazione delle risorse. Per troppo tempo la politica ha seguito la logica elettorale del “dare tutto a tutti”, disperdendo risorse per accontentare i potentati locali invece di seguire criteri di efficacia.
Ecco, in sintesi, i punti che riteniamo siano essenziali e a cui fare molta attenzione per la stesura del Piano che cambierà la sanità regionale dei prossimi anni:
- Sistema informatico intelligente – Senza un’adeguata struttura informatica anche il nuovo piano socio sanitario (e ogni progetto di riforma sanitaria) potrebbe fallire. L’attuale sistema di prenotazione è inadeguato. Accettare che un orvietano venga mandato a Spoleto per un esame e, contemporaneamente, uno spoletino venga mandato a Orvieto per lo stesso identico esame rappresenta una vera e propria sconfitta generale.
- Chiaro equilibrio tra Pubblico e Privato – Il Piano dovrebbe specificare quale percentuale di prestazioni sarà gestita dal pubblico e quale dal privato. Idealmente sarebbe bellissimo usare solo la sanità pubblica ma, ad oggi, è impossibile. È necessario individuare un punto di equilibrio, poiché un ricorso al privato che supera la soglia del 15% aumenta il rischio di rinuncia alle cure, fenomeno già ampiamente presente nell’orvietano.
- Una rete ospedaliera ripensata (o gli ospedali medi moriranno) – La USL Umbria 2 è dimensionata sulla carta per 700.000 abitanti, ma ne serve realmente 350.000. Questo sovradimensionamento crea costi fissi enormi e inefficienza. Se, come sembra, verrà finanziato un Ospedale di Terzo Livello (probabilmente a Perugia) per l’altissima specializzazione, e la mancata gerarchizzazione della rete ha già reso Foligno il riferimento per l’ospedale di Orvieto anziché Terni, DEA di secondo livello. Questa tendenza è destinata a peggiorare senza una revisione della rete ospedaliera: senza una valorizzazione specialistica, una missione, la sopravvivenza degli ospedali medi come il nostro nel lungo periodo è a rischio.
- Immobili da gestire meglio e basta sprechi – Va fatta chiarezza su ruoli, funzioni e finanziamenti, superando ambiguità che oggi penalizzano cittadini e operatori: mantenere aperte tre sedi (Borgo, via Postierla ed ex Ospedale) invece di una significa sottrarre soldi ai servizi, esattamente come accade per gli ospedali. Le nostre valutazioni del piano sociosanitario saranno basate su queste scelte, con l’unico obiettivo di salvaguardare il diritto alla salute dei cittadini del nostro territorio, oggi trattato come marginale. Smettiamo però di cercare di dare tutto a tutti: mettiamo i piedi per terra e spendiamo bene i pochi soldi disponibili, contrariamente a quanto accade oggi.








