
di Francesco M. Della Ciana
Tra qualche giorno, monsignor Nazario Sauro Carletti avrebbe compiuto cento anni, un traguardo ormai non tanto irraggiungibile, viste le schiere di longevi ragazzuoli che, per fortuna, vivacizzano il nostro tempo. Tanti “giovani vecchi”, in una società di “vecchi giovani”, come le nuove tendenze impongono. Le nostre rimembranze sono di sicuro positive e non potrebbe esser altrimenti per chi ha avuto don Sauro come parroco, guida e consigliere sicuro, un religioso di quelli che non si trovano più, colto e accorto, preparato e immerso tra libri e preghiere.
Un connubio inscindibile quello tra la comunità parrocchiale dello Scalo e la sua figura autorevole, quella comunità che aveva fondato, costruito e guidato, istruendo pargoli, coinvolgendo genitori, in un percorso ammirevole di testimonianza, che ha contribuito non poco alla realizzazione di riferimenti aggregativi di socialità e spiritualità. Intere generazioni sono cresciute agli insegnamenti di don Sauro, si sono costituite famiglie, si sono formati solidi e duraturi sodalizi intellettuali, indirizzate menti al lavoro e alle professioni.
Erano periodi dorati, rifulgenti di attivismi e voglia di migliorarsi. Tanti fedeli, una Fede sentita e manifestata. Quante iniziative e realizzazioni per la gente del posto, un fervore di genuina semplicità, che diventava elemento portante per un senso di appartenenza alla Chiesa e al territorio. Il suo cursus honorumlo aveva portato all’incarico di vicario generale della Diocesi, ma la sua ritrosia al mostrarsi come a seguire certe regole del gioco, tra apparentamenti e scambi di favori, partigianerie e arrampicate poco libere, avevano non poco limitato possibili ulteriori più che meritati riconoscimenti.
In uno degli ultimi incontri, lamentava desolato la mancanza di testi nelle abitazioni dei nuovi sacerdoti e non si capacitava di quali fossero i processi formativi rivolti ai religiosi che spesso ormai più d’uno stentava a riconoscerli nella mondanità dilagata. L’occasione rievocativa della figura di monsignor Carletti induce a scarne, ma sentite riflessioni sulle condizioni in cui versano gli ambienti religiosi di un odierno per tanti versi discutibile. Tante lodi e molti distinguo per il vero.
Ad un primo approccio, seppur fugace e scevro da giudizi, si delinea uno scenario piuttosto confuso, quindi non ben decifrabile. Tanto bene, spesso nascosto, come sopraffatto dalle stoltezze che si evidenziano in settori che dovrebbero esser dediti alla pace e alla contemplazione. Per chi non fosse avvezzo alla clemenza e al discernimento magnanimo, potrebbero manifestarsi segnali di sbigottimento. Ma in che razza di mondo siamo capitati?
Sacri edifici divenuti come botteghe, con rigidi orari di apertura e serrate meno che serali, conventi trasformati in alberghi di lusso, pellegrinaggi che somigliano tanto a viaggi esotici, solennità purtroppo scadute in ridotti, laici riti organizzativi, pagane festaiole sagre paesane, centri di spiritualità convertiti, purtroppo convertiti in sale da ballo, oboli che confluiscono in giri da banche d’investimento, poco rimane di sentimenti e crescita interiore.
Per non farsi mancar nulla poi, baruffe tremende e sterili contrapposizioni, protagonismi e scarso rispetto dei ruoli, fumose irriducibili vanità e quanta poca carità. Da una parte gerarchie curiali auto conservatrici, dall’altra assistenzialismo sociale anche politicizzato, troppi amministranti, pochi ministranti, rumorose indeterminazioni. In un mondo alla deriva, in cui l’unico aspetto valido sembra esser quello della tecnologia, una tecnologia spesso usata in maniera banale o distorta, ma davvero segno di qualcosa che va, che funziona, le esigenze spirituali non servono più, accantonate e scartate, viste con diffidenza, soppiantate dall’efficientismo modaiolo incombente.
Una Chiesa che insegue giovani e non giovani che seguono la Chiesa, una Chiesa che si adatta e si adagia a sentir comuni e non sentir comuni che vengano dalla Chiesa scossi, educati e convertiti allo stupore della bellezza, dell’originalità, dell’unicità dei singoli, nell’armoniosa condivisione di una fraternità sentita, accettata e manifestata. Poi eccoteli i falsi striscianti maldicenti, i serpenti, travestiti da credenti, quelli che a ciance dicono di esser, ma nei comportamenti e nei rapporti con gli altri risultano tutt’altro, carichi di doppiezze e simulazioni, perbenismi di facciata, corredati da venticelli calunniosi, sopraffazioni e angherie, voglie di affermazione, soverchierie e chiacchiericci inconcludenti.
Sono quelli dell’io, sono io, solo io, servitori dell’io e non del Dio, che confondono la carità con l’elemosina, l’ascolto con esibizioni di vanagloria deteriori. In questa società aziendalizzata, nella quale tutti corrono, non si sa bene verso quali mete, si spengono le luci degli spiriti contemplativi, perché rifulgano i mondani riflettori dei consumismi massificanti e avvilenti, che chiedono e danno, senza che rimanga nessuna parvenza di ascetica crescita spirituale. Dai religiosi, i fedeli si aspettano sguardi limpidi, braccia aperte, condotte esemplari, guide incorrotte, integrità morali, coerenze ideologiche valoriali, umili esemplarità per i confusi, annoiati, dispersi increduli del niente imperante.
Con riconoscenza e gratitudine, ricordiamo don Sauro, di cui mancano le sue battute salaci, i larghi sorrisi elargiti con bonomia, il rigore comportamentale. Che meraviglia poi le sue prediche, costruite con sapienti dottrine oratorie, quei toni modulati declamatori, quelle alte citazioni, quelle schiette riflessioni, quei robusti e severi richiami alla testimonianza. Non si ascoltano più così profonde notazioni se non da Chi ha l’onere di curar le greggi diocesane, arduo compito, spesso voce che grida nel deserto delle neghittosità e delle rivalità locali. Un saluto a don Sauro, con affetto e riconoscenza.
L’Amministrazione Comunale sappiamo che sarebbe pronta a commemorarlo per una significativa, imperitura realizzazione, si intende con il consenso familiare, ma non si conoscono gli esiti di tale progettualità meritoria. Per quanto riguarda i settori ecclesiastici, nulla trapela, ma si auspicano degne iniziative. Un indelebile ricordo del caro buon monsignor Carletti da parte dei suoi devoti amici, che conservano con attenta, inalterata vigoria gli ascoltati insegnamenti per benedette condotte esistenziali. Il Cielo illumini, guidi e protegga dalla tremenda decadenza invadente e devastatrice.








