
Nel 2024 l’Italia fa un mezzo passo indietro sul fronte della proprietà industriale: le domande di brevetto europeo con titolari italiani scendono a 4.612, cioè 168 in meno rispetto al 2023 (-3,5%). Non è un crollo, ma è una frenata: l’innovazione non sparisce, semplicemente perde velocità proprio mentre la competizione internazionale alza il livello e le imprese devono difendere margini e quote di mercato con prodotti sempre più originali.
Il Paese a scacchiera
La mappa non è uniforme. Il Centro cresce nel complesso del +4,7% (da 664 a 695), il Nord-Est resta sostanzialmente stabile (+0,6%), mentre il Nord-Ovest arretra (-7,7%) e il Mezzogiorno scivola con decisione (-16,5%). Tradotto: dove gli ecosistemi sono più connessi – impresa, ricerca, finanza e servizi – si regge meglio; dove il sistema è più frammentato, la frenata si sente di più.
I settori: tengono i “classici”, soffre l’high-tech
Nel 2024 la produzione e i trasporti restano il motore numerico, mentre i segnali più deboli arrivano dalle aree più avanzate: i comparti legati a fisica ed elettricità perdono insieme oltre cento domande rispetto al 2023. È un indizio importante: quando calano i brevetti proprio nelle tecnologie a maggiore intensità di conoscenza, la partita diventa più dura per tutti, soprattutto per i territori che devono recuperare terreno.
Umbria, il rallentamento che fa rumore
Dentro questo quadro, il dato umbro è quello che accende la spia rossa: -26,7% in un anno, da 45 a 33 brevetti(-12). È il terzo calo più forte tra le regioni, molto oltre la media nazionale e in netta controtendenza rispetto al Centro. Non è una semplice oscillazione statistica: è un indicatore di competitività che si abbassa, e quindi di opportunità che rischiano di spostarsi altrove.
Confronto tra regioni: crescite vere e cali pesanti
Tra le regioni con volumi non marginali, la dinamica positiva riguarda Toscana (+15,1%), Emilia-Romagna (+7,5%), Liguria (+5,1%), Sicilia (+5,6%) e Lazio (+3%). Sul lato opposto, oltre all’Umbria, pesano le contrazioni di Abruzzo (-46,7%), Friuli Venezia Giulia (-25,2%), Puglia (-24,2%), Piemonte (-11%), Campania (-9,5%) e Lombardia (-7%) (che resta comunque la prima per numero assoluto). Morale: la percentuale conta, ma conta ancora di più la continuità del “rubinetto” brevettuale: se si chiude, riaprirlo richiede tempo.
Due Università, un vantaggio che chiede risultati
L’Umbria è particolarmente significativa perché, pur essendo una regione piccola, ospita due università: l’Università degli Studi di Perugia e l’Università per Stranieri. In teoria è un vantaggio competitivo: più ricerca, più competenze, più relazioni internazionali. Il punto è far diventare questi asset un flusso costante di innovazione industriale. È la partita del trasferimento tecnologico: quel ponte che porta risultati di ricerca, prototipi e competenze dentro le imprese, fino al mercato, trasformandoli in prodotti, processi e servizi.
Il ponte esiste: va fatto correre
In Umbria gli strumenti non mancano. L’Università di Perugia promuove la nascita di spin-off e iniziative di valorizzazione della ricerca; il mondo industriale regionale, con l’Umbria Digital Innovation Hub, offre servizi di accompagnamento alla trasformazione digitale e al trasferimento tecnologico; e progetti come Vitality lavorano su filiere avanzate con l’obiettivo di aumentare l’impatto sulle imprese. Se però i brevetti calano, significa che la “cinghia di trasmissione” va resa più veloce e più semplice, soprattutto per le Pmi.
Sistema camerale in azione
Qui il ruolo del sistema camerale è decisivo. Dintec, agenzia in house di Unioncamere e delle Camere di commercio (con Enea), lavora proprio per portare strumenti e servizi di innovazione vicino alle imprese. In Italia, iniziative come i PID – Punti Impresa Digitale e progetti nazionali di accompagnamento alla trasformazione tecnologica puntano a ridurre la distanza tra chi produce e chi ricerca, traducendo bisogni aziendali in progetti concreti.
Che cosa serve, subito
La ricetta non è una parola magica, ma un pacchetto di scelte operative: più scouting di idee brevettabili nei dipartimenti, più servizi rapidi di tutela IP per le PMI, più progetti congiunti impresa-università su problemi concreti, più spazi e incentivi per prototipazione e test, più facilitazione nel passaggio da ricerca a prodotto. In altre parole: meno “innovazione raccontata” e più innovazione misurata. Un brevetto non è solo un numero: è un’idea protetta, un vantaggio negoziabile, un pezzo di export che nasce in casa. Il 2024 non è una sentenza definitiva. È un promemoria: chi torna a brevettare prima, torna a crescere prima. E per l’Umbria la sfida è trasformare un patrimonio di competenze – università, imprese e reti di supporto – in risultati visibili e difendibili sui mercati.
Le dichiarazioni
Per Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria, “il dato sui brevetti interpella direttamente il sistema economico e istituzionale regionale. L’Umbria dispone di competenze, università e imprese di qualità, ma deve rafforzare il collegamento tra ricerca e tessuto produttivo, soprattutto a favore delle piccole e medie imprese. La Camera di Commercio è impegnata nel sostenere percorsi di innovazione, tutela della proprietà intellettuale e trasferimento tecnologico, perché brevettare significa creare valore, occupazione qualificata e nuove opportunità di crescita per il territorio. Su questo serve davvero una continua spinta che veda una sinergia totale tra regione, università, sistema camerale e associazioni di categoria. La sfida è trasformare il sapere in sviluppo concreto”.
Per Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, “l’innovazione resta un fattore cardine per la competitività delle imprese. Il rallentamento della capacità brevettuale delle imprese italiane, registrato nel 2024, è probabilmente frutto delle molte incertezze del contesto internazionale. L’Italia è ancora indietro rispetto ad altri Paesi europei nella ricerca di brevetti industriali. Certo sarebbe assai utile individuare le modalità per favorire quanto più possibile l’incrocio tra impresa e ricerca”.








