
di Paolo Borrello
Io credo che sia legittimo sostenere che l’economia umbra è in crisi. Alcuni dati recentemente resi noti lo dimostrano. Da tempo in Umbria si manifestano alcuni importanti problemi economici. Ma negli ultimi anni le difficoltà economiche dell’Umbria sono aumentate Del resto l’inserimento dell’Umbria, insieme alle Marche, nelle regioni, prima solo quelle meridionali, che fanno parte della Zes, zona economica speciale, unica, lo sancisce.
E’ bene precisare, innanzitutto, il significato di alcune variabili economiche che saranno qui prese in considerazione. Il valore aggiunto si ottiene come differenza tra il valore della produzione di beni e servizi delle singole imprese produttive e il valore dei beni e servizi intermedi dalle stesse utilizzati (materie prime impiegate e servizi forniti da altre unità produttive).
Il Pil, prodotto interno lordo, è un aggregato per certi versi simile al valore aggiunto. Si ottiene sommando al valore aggiunto delle imprese le imposte indirette e sottraendo i sussidi alla produzione. Nel 2024, in Umbria, il valore aggiunto a prezzi correnti, secondo uno studio del centro studi Tagliacarne e dell’Unioncamere, è cresciuto solamente dell’1,0%. Poiché le variabili economiche espresse a prezzi correnti non sono depurate dall’inflazione, di fatto il valore aggiunto a prezzi costanti, considerando cioè il tasso di inflazione, in Umbria, nel 2024, pari allo 0,9%, è rimasto pressochè stabile. Quindi nel 2024 si è verificata, in Umbria, una stagnazione economica.
Inoltre, se si considera una classifica tra le regioni italiane, ottenuta esaminando le variazioni del valore aggiunto a prezzi correnti, l’Umbria si è piazzata al diciannovesimo posto. Solo in Emilia-Romagna vi è stata una crescita economica inferiore a quella dell’Umbria. Poi, se si analizza il valore aggiunto pro capite, sempre nel 2024, tale rapporto, in Umbria era pari a 28.031 euro, inferiore al valore medio nazionale, pari a 33.348 euro, e anche inferiore al valore raggiunto da una regione meridionale, l’Abruzzo.
Nella provincia di Terni, sempre nel 2024 rispetto al 2023, il valore aggiunto a prezzi correnti è cresciuto dell’1,1% mentre nella provincia di Perugia è aumentato dell’0,9%. Ma il valore aggiunto pro capite nella provincia di Perugia era pari a 28.875 euro e nella provincia di Terni a 25.539 euro. Pertanto anche analizzando solo questi dati si può arrivare, secondo me, alla conclusione che è legittimo sostenere che l’economia umbra sia in crisi. Ma si possono anche prendere in considerazione i dati forniti da uno studio della Cgia, Confartigianato, di Mestre, che confermano tale conclusione.
Nel periodo 2019-2025, il Pil in termini reali è cresciuto in Umbria del 3,2%, mentre in Italia nel suo complesso è aumentato del 6,4%. L’Umbria, nella classifica delle regioni che hanno registrato la migliore crescita economica, si è piazzata solamente al quindicesimo posto. A livello regionale, Perugia è andata meglio di Terni.
La crescita del Pil in termini reali, nella provincia di Perugia, dal 2019 al 2025 è stata pari al 4,2%, in provincia di Terni il Pil è addirittura diminuito (-0,2%). La provincia di Terni infatti, è tra le otto province d’Italia che non hanno ancora recuperato rispetto al pre-Covid, considerando i valori del Pil.
Il Pil per abitante, nel 2025, assume, un valore pari a 32.512 euro, inferiore al valore medio nazionale, pari a 38.304 euro, e, anche in questo caso, inferiore al valore attribuibile a una regione meridionale, l’Abruzzo. Nella provincia di Perugia il Pil per abitante risulta pari a 33.446 euro e nella provincia di Terni pari a 29.748. Infine, si possono esaminare alcuni dati forniti dal rendiconto sociale dell’Inps, relativo al 2024. Le retribuzioni medie giornaliere, nel 2023, hanno assunto un valore inferiore in Umbria rispetto al valore medio nazionale, sia nel settore privato, in misura maggiore, che nel settore pubblico. Quindi, cosa si può fare per migliorare sensibilmente la situazione economica dell’Umbria?
Io mi limito ad esporre solamente alcune idee, che dovranno essere ulteriormente analizzate. Innanzitutto occorre che in Umbria si sviluppi un dibattito approfondito sugli interventi da realizzare per intensificare lo sviluppo economico. Fino ad ora non mi sembra che ci sia questo dibattito. Sarebbe, in primo luogo, necessario comprendere qual è il progetto di sviluppo economico che l’Amministrazione regionale, guidata da Stefania Proietti, ritiene che debba essere perseguito, da tutti i soggetti interessati, istituzionali e non. Per ora l’Amministrazione regionale non ha esposto alcun progetto di sviluppo economico complessivo.
Ma anche l’Università, le associazioni imprenditoriali, i sindacati dei lavoratori dipendenti, non hanno fornito contributi rilevanti. In Toscana, prima dello svolgimento delle elezioni regionali, è stato redatto, da alcuni economisti, un manifesto per la reindustrializzazione di quella regione. Nelle Marche altri economisti si sono impegnati ad elaborarlo quanto prima. In Umbria questo non è avvenuto. Forse perché non abbiamo economisti in grado di elaborare un manifesto di quella natura o per altri motivi?Comunque io ritengo che ogni efficace progetto di sviluppo economico dell’Umbria debba essere contraddistinto da un rafforzamento ed una estensione dell’industria manifatturiera e del terziario avanzato.
Non si può puntare esclusivamente sul turismo. Infatti, nel turismo, e nel terziario tradizionale, i livelli di produttività del lavoro sono più bassi di quelli che possono caratterizzare l’industria manifatturiera e il terziario avanzato, se si privilegiano ovviamente gli investimenti privati innovativi e a elevato contenuto tecnologico. Solo puntando su quei settori appena citati si potrà fare in modo che la produttività del lavoro aumenti considerevolmente in Umbria e che quindi aumenti notevolmente anche il Pil. Inoltre, accrescendo la produttività del lavoro sarebbe possibile accrescere anche le retribuzioni che in Umbria, come già rilevato, sono inferiori rispetto al valore medio nazionale, peraltro decisamente più basso rispetto ai valori che si verificano in molti altri Paesi dell’Unione europea.
Del resto le considerazioni che ho formulato, relativamente alle caratteristiche che dovrebbe avere un vero progetto di sviluppo economico dell’Umbria, valgono per tutta l’Italia e anche per tutta l’Europa, come sostenuto nel rapporto Draghi. Certamente l’Amministrazione regionale ha competenze limitate in ambito economico, ma dispone di alcune agenzie come Sviluppumbria, Gepafin e Agenzia Umbria Ricerche, che però dovrebbero essere rafforzate. Un nuovo strumento che potrà essere utilizzato sarà senza dubbio l’inserimento dell’Umbria nella Zes unica (peraltro non è ancora certo che tutti i territori dell’Umbria saranno inseriti nella Zes). Ma si dovranno usare anche altri strumenti. E, infine, sarà indispensabile una comunità di intenti, e di azioni, tra tutti i soggetti interessati, istituzionali e non.








