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Home Cronaca

Ecco chi sta organizzando il decesso del nostro ospedale

Redazione by Redazione
13 Novembre 2025
in Cronaca, Secondarie, Archivio notizie
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di PrometeOrvieto 

Abbiamo l’impressione che, nel costruire l’organizzazione sanitaria del territorio della nostra USL, si proceda “a toppe”, in base alle pressioni del momento, senza una pianificazione strutturata e coerente. Più volte abbiamo chiesto di conoscere quali servizi saranno erogati, da chi e dove, ma non abbiamo mai ottenuto risposta.
I bisogni di cura e di prevenzione dovrebbero essere chiari: le USL dispongono di un’importante mole di dati statistici (sperabilmente affidabili) che dovrebbero permettere di definire chi fa che cosa, tra medicina ospedaliera e territoriale, e — all’interno della medicina ospedaliera — come organizzare le strutture tenendo conto della popolazione e delle distanze.

La nostra USL offre servizi ad una popolazione di circa 350.000 persone, ma nel tempo è stata costruita una rete ospedaliera a nostro avviso ipertrofica. Abbiamo infatti tre ospedali DEA di primo livello (Orvieto, Spoleto e Foligno) e un DEA di secondo livello (Terni), che ovviamente offre anche le prestazioni da DEA di primo livello.
Secondo i parametri stabiliti dal DM Salute n.70/2015, che ne regola il dimensionamento, una tale articolazione sarebbe giustificata solo da un’utenza superiore alle 600.000 persone. Come si può vedere nelle figure allegate — dove sono indicati i bacini di utenza e le distanze tra gli ospedali — emergerebbe una evidente disfunzione economica e organizzativa. Ci sembra che ci siano ospedali troppo vicini tra loro e un rapporto non chiaro tra ospedali di primo e secondo livello.

Crediamo che queste disfunzioni producano costi eccessivi pagati sia dall’aumento della tassazione regionale, sia dallo spazio crescente lasciato ai privati. Questo sembra confermato anche dai dati forniti dalla Fondazione Gimbe che evidenziano come in Umbria ci sia un numero di medici e infermieri superiori alla media nazionale, ma con un dato di abbandono alle cure tra i più alti.
Riteniamo che nel nostro territorio, la presenza dell’ospedale sia giustificata dalla distanza da altre strutture. Tuttavia, per essere sostenibile economicamente, esso deve incrementare le proprie prestazioni, ridurre la fuga verso i privati e attrarre pazienti anche dai territori limitrofi. Stiamo invece assistendo all’esatto contrario, con alcuni reparti che sono stati resi fragili dalla mancanza di dirigenti e di risorse.

Inoltre, cresce lo spazio lasciato ai privati, sia in forma convenzionata sia totalmente privata; proprio in questi giorni è in fase di insediamento una nuova struttura privata che erogherà prestazioni complesse.
A dispetto dei proclami, stiamo assistendo a un vero e proprio “suicidio assistito”: l’ospedale ha bisogno di recuperare fatturato per sopravvivere, ma gli amministratori continuano a favorire indirettamente l’espansione del settore privato, che ne sottrae pazienti e risorse. Il mercato c’è, ma l’ospedale lo lascia agli altri. Non serve essere geni per capire come andrà a finire. Le risorse, sempre più limitate, avrebbero bisogno di una gestione manageriale attenta, strategica e trasparente, non di compromessi in risposta alle pressioni locali.

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