La pace ognuno la costruisce lì dov’è. Ognuno la fa nel suo contesto, nel suo mondo di lavoro, con il suo pezzetto di storia. Ecco come.

Famiglia prima educatrice alla pace? Sì, ma non da sola. Serve l’aiuto e la sinergia tra le diverse istituzioni che socialmente e tradizionalmente ad essa si affiancano, la scuola, ma anche lo sport, i luoghi di incontro, le piazze. Eppure, le notizie oggi restituiscono ben altro quadro. “Bullismo, femminicidi, baby gang. Sbalordisce chi perdona, chi dialoga, chi non si vendica”, ha detto suor Maria Luisa Gatto a apertura dell’incontro organizzato da Nova Civitas in apertura del nuovo ciclo formativo 2025-2026 dedicato alla Pace nelle diverse sfaccettature (link). “Mi ha colpito vedere durante una festa di compleanno – ha esordito suor Maria Luisa nei saluti iniziali – bambini che giocavano con armi giocattolo”. È solo uno spunto per una riflessione profonda sul significato educativo della famiglia: “Oggi la violenza è diventata quotidiana, ma la famiglia dovrebbe essere una “comunità educante, con un compito specialissimo: contribuire a un avvenire di pace” ha detto richiamando le parole di Giovanni Paolo II “un’educazione che coinvolge genitori, nonni, insegnanti, animatori, chiamati a trasmettere valori di rispetto, accoglienza e perdono”.

Un concetto ricalcato anche nell’intervento di Francesca Compagnucci, relatrice all’incontro in qualità di Presidente dell’Associazione Genitori (AGE) di Orvieto e testimone in tale veste, ma anche in quella di insegnante, delle tante e fragilità che oggi le famiglie vivono. “Non si può parlare di pace senza partire dalla famiglia – ha detto – essa è la prima agenzia educativa e presidio fondamentale nella formazione delle nuove generazioni”. Ha ricordato che l’AGE è nata a livello nazionale in riposta e a supporto dei cambiamenti profondi vissuti dalla società dopo il 1968. Così come un “anno zero” è stato anche il Covid che ha comportato una vera e propria trasformazione antropologica nei rapporti interpersonali. AGE Orvieto è intervenuta con diversi progetti a supporto dei ragazzi, che uscivano da quei mesi disorientati, con tante energie da esprimere, ma con difficoltà a orientarle nella giusta direzione. AGE ha realizzato in quel periodo l’iniziativa Ci vediamo domani, dedicata alla sicurezza stradale ma che ha toccato molti altri aspetti, anche legati alle dipendenze e alla socio-affettività, con il coinvolgimento di diversi soggetti, scuola, forze dell’ordine, psicologi e comunità terapeutiche. Con una consapevolezza, per educare, alla pace e non solo, non servono grandi discorsi, ma esempi concreti. La famiglia deve tornare a essere esempio di semplicità, magari utilizzando le tre parole che, secondo Papa Francesco, rappresentano la chiave per costruire relazioni sane: permesso, grazie, scusa, ammettere cioè le proprie fragilità, innescando relazioni positive e disarmando le parole.

Alba Stella Paioletti, consulente familiare, giornalista e esperta di relazioni interpersonali, già coordinatrice di Rete Famiglia, ha aperto il suo intervento con un riferimento al carteggio tra Einstein e Freud (link per leggerlo) del 1931 in cui il grande scienziato si domandava se l’umanità potesse vivere senza guerra. Se il dialogo tra i due intellettuali mostra che le cause dei conflitti non risiedono solo nei territori o nelle religioni, ma anche nelle dinamiche interiori di ogni essere umano, ma offre anche una speranza: se l’umanità cresce in civiltà e cultura, può aspirare alla pace? Da qui Paioletti ha proposto una riflessione sulla cultura della pace anche vista come percorso personale di pacificazione, introducendo il concetto filosofico di amor fati spiegato anche guidando i presenti in una pratica laboratoriale di introspezione sull’accettazione di ciò che del nostro destino non possiamo cambiare. “Amare il proprio destino non vuol dire subire passivamente ogni evento, ma riconoscere che ogni cosa, bella o dolorosa, è una, occasione per sviluppare in noi la virtù, e cioè comprendere meglio se stessi e il mondo. E’ un atto di potere interiore, una dimensione della nostra capacità di dire: “Io sono, dunque io penso“. E questo è il pensiero che guida la pratica e che oggi, in questa esperienza, potremmo cercare di condividere insieme. L’amor fati non è solo una filosofia di vita. È quasi una scelta quotidiana. Siamo sempre liberi di scegliere come reagire agli eventi che accadono. Questa libertà è la nostra più grande forza”. La pace quindi si costruisce nella micro-società, nella famiglia, nella scuola, nel gruppo sportivo, ma, ha sottolineato: “Prima ancora di accogliere l’altro, dobbiamo accogliere noi stessi. Ogni volta che c’è accoglienza, c’è amore. E ogni volta che amiamo, ci spostiamo dal nostro punto di vista, apriamo alla comprensione”. Così le persone possono portare la civiltà alla pace, quando questa pace arriva a un livello alto in ognuno di noi, poi è possibile portarla nelle nostre famiglie, delle nostre scuole e delle nostre società.

Il prossimo incontro di Nova Civitas dedicato a Libertà religiosa come via della pace si svolgerà il 15 novembre nei locali dello Scalo Community Hub. In questa occasione si affronterà il tema dal punto di vista del diritto civile e del pensiero della Chiesa.
(Valeria Cioccolo)








