
Nella mattinata di sabato 27 settembre al BiPop di Sferracavallo si è tenuto un incontro sulla nuova Strategia dell’Area Interna Sud-Ovest Orvietano promosso da Comitato Orvietano per la Salute Pubblica OdV, Nova, Val di Paglia Bene Comune, Umbria per la Sanità Pubblica, Ecomuseo del Paesaggio Orvietano, Comitato per la Difesa del Fiume Paglia, Rose Rosse d’Europa, Abitare Orvieto, Movimento Civico “Umbria Domani” e Associazione “Idee in Cammino”.
La convocazione invitava a riflettere sul fatto che a fine luglio la Regione Umbria ha approvato la nuova Strategia dell’Area Interna Sud-Ovest Orvietano e che “si rende necessario un confronto che può rappresentare un primo passo per capire quali margini di collaborazione si possano aprire per elaborare progetti condivisi e di interesse collettivo che riguardano i vari ambiti di azione per molte delle associazioni orvietane”.
Non potendo essere presente, il presidente di Anci Umbria e sindaco di Montecchio, Federico Gori, ha inviato un messaggio che, di fatto, è diventata la “relazione introduttiva”. Di seguito in forma integrale:
“Gentili organizzatori,
desidero innanzitutto esprimere un sentito ringraziamento per l’organizzazione di questa importante iniziativa condivisa e ricca di promotori, a testimonianza del fatto che questo tema dovrà essere, da qui in avanti, il volano capace di unire la nostra visione e la nostra azione.
Vi ringrazio inoltre per l’invito e per la documentazione inviata. Con molto dispiacere devo comunicarvi che non potrò essere presente sabato 27 settembre alle 10 poiché sono stato inserito da tempo tra i relatori di un’altra iniziativa a San Venanzo, per la quale avevo già confermato la partecipazione.
Tuttavia, ritengo di grande importanza il confronto che avete promosso e, proprio per questo, desidero condividere con voi una mia recente dichiarazione in merito, in qualità di presidente di Anci Umbria, ritenendo quella delle aree interne una questione prioritaria che riguarda intere comunità e, di fatto, tutta la nostra regione.
Ripensare il modello di sviluppo a partire dalle Aree Interne: non periferie del Paese, ma suo motore silenzioso.
Come presidente di Anci Umbria, rappresentando decine di Comuni che vivono quotidianamente le sfide – e le opportunità – delle cosiddette Aree Interne, desidero intervenire con chiarezza e spirito costruttivo sul recente dibattito generato da alcuni passaggi contenuti nel nuovo Piano Strategico Nazionale per le Aree Interne (PSNAI) 2021-2027.
Nel progetto delle aree interne sono ormai diversi anni che sindaci e amministratori locali lavorano a quello che rappresenta un modello culturale, di collaborazione e incubatore di idee che ha posto al centro la dignità di territori e cittadini che vi abitano. Negli anni l’impegno e il tempo dedicato alla messa a terra della strategia è stato molto e altrettanti gli sforzi di tutti coloro che sin dall’inizio hanno creduto ad un modello innovativo per uscire dall’isolamento e contrastare lo spopolamento e la desertificazione dei servizi.
L’idea che in alcune di queste aree – testualmente – “non ci si possa porre alcun obiettivo di inversione di tendenza” e che si debba invece “accompagnare un percorso di cronicizzato declino e invecchiamento” appare non solo incomprensibile e discutibile, ma anche lontana dalla visione di un Paese coeso, resiliente e capace di scommettere fino in fondo su tutti i suoi territori.
Le Aree Interne non sono un peso, né una zavorra da accompagnare con rassegnazione: rappresentano gran parte del territorio nazionale, comprendono più del 50% dei Comuni italiani e custodiscono patrimoni inestimabili di biodiversità, identità, relazioni sociali, capacità imprenditoriale e risorse ambientali. Sono territori che – se messi nelle condizioni giuste – non solo vivono, ma possono far vivere meglio anche le grandi città, garantendo equilibrio, sicurezza idrogeologica, produzione agricola di qualità, turismo sostenibile, energia pulita e qualità della vita.
È evidente, però, che se in molti casi gli obiettivi della Strategia Nazionale Aree Interne non sono stati pienamente raggiunti, le responsabilità non ricadono sui territori, ma su una filiera istituzionale troppo lenta, su strumenti operativi troppo rigidi e su parametri spesso inadatti a leggere le specificità locali.
È tempo di ripensare il modello, con coraggio. A partire da un punto cruciale: la fiscalità di vantaggio. Non può esserci sviluppo senza condizioni fiscali e contributive differenziate che favoriscano il reinsediamento, la nascita di imprese, il lavoro nei piccoli Comuni. Il Mezzogiorno ha avuto le Zone Economiche Speciali (ZES); le aree interne meritano almeno altrettanto: Zone a Fiscalità Incentivata, coerenti con gli obiettivi di riequilibrio territoriale previsti dall’art. 119 della Costituzione.
In secondo luogo, va rilanciato il modello di governance partecipata della SNAI, riportando i Comuni al centro della pianificazione, potenziando la capacità tecnica degli enti, semplificando le procedure e accelerando la spesa. Bisogna uscire dai campanilismi, dai provincialismi, persino dai regionalismi: serve un nuovo patto nazionale, che guardi alle aree interne non come una somma di fragilità, ma come un laboratorio per il futuro dell’Italia.
In Umbria abbiamo già visto – anche solo con i primi interventi SNAI – cosa accade quando si lavora insieme: sono nate nuove cooperative, si sono potenziati servizi socio-sanitari e scolastici, si sono rimessi in moto borghi che sembravano dimenticati. Ma non basta. Serve una visione più ambiziosa, una strategia che veda nelle aree interne non una deriva da accompagnare, ma una leva da attivare.
Le sfide della transizione ecologica, digitale, demografica e produttiva non si vincono nelle sole metropoli. Si vincono nei territori in cui innovazione, comunità e qualità della vita possono convivere. E sono convinto – come Anci Umbria – che in futuro saranno proprio le aree interne a trainare lo sviluppo del Paese, se sapremo mettere a sistema le tante energie che oggi si muovono in silenzio: giovani agricoltori, artigiani digitali, cooperative di comunità, imprenditori del turismo lento, reti civiche, medici di prossimità, volontari, sindaci instancabili.
Chi governa oggi non può permettersi il lusso della rassegnazione. Non servono narrazioni romantiche, ma politiche pubbliche coraggiose, intelligenti e concrete. Dare futuro alle aree interne significa dare un futuro più giusto, sostenibile e coeso a tutto il Paese”.
Ne è seguito un ampio dibattito che ha arricchito ulteriormente questa analisi con l’impegno di tutti ad andare ad uteriori approfondimenti e ad un confronto con le istituzioni.








