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Home Politica

Scuola, aree interne, sanità, diritti: il PD torna nei territori con la guida di Bernardini

Redazione by Redazione
31 Luglio 2025
in Politica, Secondarie, Archivio notizie
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di Andrea Impannati

Un volto nuovo per la politica regionale del Partito Democratico. Damiano Bernardini, già Sindaco di Baschi, è stato eletto segretario regionale PD il 9 luglio scorso. Molti i temi toccati nell’intervista, dalla critica al governo Netanyahu alla sanità nel territorio orvietano, per passare dalle Aree Interne al rafforzamento delle segreterie e al nuovo ruolo dei partiti.
Dall’Umbria al Mondo. Proprio in questi giorni un importante esponente PD come il Governatore della Toscana Eugenio Giani ha criticato duramente il Governo israeliano su l’Espresso, “Io giudico criminali di guerra i responsabili della situazione a Gaza, a partire da Benjamin Netanyahu e dal suo governo”. Cosa ne pensa?
“È necessario essere coraggiosi sui grandi temi anche di carattere internazionale che si pongono di fronte alle nostre coscienze. Non si può rimanere indifferenti. Non possiamo più limitarci alle parole di condanna formali, dobbiamo affermare che quelli di Gaza sono veri e propri crimini di guerra. Usare la fame della popolazione come strumento di guerra è criminale, continuano a morire persone, civili, bambini. L’Umbria è terra di pace, noi del PD dobbiamo far partire un appello forte per riconoscere lo Stato di Palestina e per garantire un atto di giustizia che può supportare il processo di pace. Senza compiere un passo in questa direzione sarà difficile aprire un vero e proprio scenario di pace.”

Orvieto e Baschi, come l’intera Umbria, sono Aree Interne per eccellenza. Il Governo con il Piano Strategico Nazionale delle Aree Interne 2021-2027, approvato con estremo ritardo nell’aprile di quest’anno, ha certificato il proprio disinteresse, specificando che sono “destinate al declino” inesorabile.
“È uno dei primi temi di cui ci occuperemo, abbiamo già pensato di creare in Umbria un grande tavolo sulle Aree Interne, che possa ribaltare la visione del Governo nazionale. Innanzitutto le aree interne non devono soltanto essere sostenute e accompagnate in un’ottica assistenziale, ma hanno bisogno e rivendicano l’esigenza che siano valorizzate per il contributo che offrono alla società e allo sviluppo. Noi parliamo di giusta remunerazione per i servizi di salvaguardia degli ecosistemi che garantiscono la sopravvivenza anche delle aree urbane: come la gestione delle acque per contenere il rischio idrogeologico o per il mantenimento delle foreste. Inoltre, vivere tutti nelle grandi città è insostenibile sia a livello economico che sociale. La nostra ambizione è sviluppare delle linee di indirizzo politico che diventino un modello su scala nazionale. Ad esempio sulla scuola c’è bisogno di fare una battaglia per declinare il ridimensionamento scolastico sulla base delle caratteristiche dei territori. Rimanendo nel Comune di Baschi, abbiamo una scuola nella località Colonia, tra le frazioni di Morre e Collelungo, che è a 40 minuti di distanza da Baschi e a mezz’ora da Todi, a un’ora da Orvieto. Chiudere quella scuola farebbe esplodere la tendenza allo spopolamento.”

Sul tema sanità cosa pensa che servirebbe al territorio di Orvieto per tornare ad essere un polo attrattivo per la cura dei cittadini? Quali progetti ci sono nell’aria?
“Dobbiamo partire dall’idea di valorizzare il ruolo strategico dell’ospedale di Orvieto. È un ospedale di confine, e proprio per questo può dare un grande contributo anche nell’invertire la tendenza rispetto alla mobilità passiva verso le altre regioni. Ma non basta: serve un collegamento forte con una rete di sanità territoriale ben organizzata, strutturata, che sia in grado di offrire risposte concrete alle esigenze dei cittadini. Credo che il progetto dell’ospedale e della Casa di Comunità debba essere accompagnato da un elemento ulteriore: la realizzazione di un Hospice, una struttura dedicata alle cure palliative per i pazienti in fase terminale. Se a questo aggiungiamo il rafforzamento del Distretto sanitario, possiamo davvero completare un modello territoriale efficace.
Un punto cruciale è l’attrattività verso i medici, quando manca una prospettiva di crescita e di stabilizzazione, è difficile trattenere le professionalità. Sulla sanità vedo due prospettive che ci danno fiducia: La prima è il lavoro sul nuovo Piano Sanitario Regionale, che definirà il modello della sanità umbra e su cui dobbiamo tenere alta l’attenzione. La seconda è il piano regionale delle assunzioni: oltre 700 inserimenti e stabilizzazioni. Sul tema stiamo costituendo un tavolo di coalizione regionale sulla sanità, un Patto Avanti 2.0, che nasce per offrire unità e supporto concreto all’amministrazione regionale.”

Il tema dell’unitarietà contraddistingue anche la linea della Segretaria nazionale Elly Schlein, il tavolo di coalizione dimostra che è anche la vostra strategia. Nella segreteria regionale che percorso pensate di fare per tornare ad essere quel ponte tra i cittadini e il potere?
“L’idea è quella di creare una nuova fase che tenga dentro tutte le anime e le sensibilità del partito per stabilizzare la nostra forza politica e per dare una prospettiva di crescita. Crediamo che il ruolo del partito sia quello di elaborare temi e contenuti politici da offrire a chi siede nell’amministrazione, senza perdere mai di vista la prospettiva di lungo termine e i valori che stanno alla base della nostra azione politica. Il PD deve essere una cinghia di trasmissione tra le prospettive, i bisogni e i desideri dei cittadini, delle forze sociali, delle associazioni, delle imprese, dei sindacati. Vogliamo farci riconoscere come forza credibile, capace di farsi carico non solo delle esigenze ma anche delle ambizioni, delle proposte, delle speranze.
In una società dove tutto rischia di essere trattato con superficialità, dove la politica segue i trend della comunicazione e le parole chiave del giorno, noi dobbiamo tornare a chiederci quali sono i nostri temi, le nostre parole, e studiarli a fondo. Questo significa lavorare con una tempistica diversa, senza però perdere il contatto con l’attualità. Perché è chiaro: se si separano troppo questi piani e se ne segue solo uno, si rischia di diventare invisibili. C’è bisogno di tornare a ragionare sull’economia, sulle prospettive della regione, capire quali sono le criticità, i punti di forza, e quali azioni di sviluppo si possono immaginare nel lungo termine.”

Infine, quando è stato il momento in cui ha compreso che il suo posto fosse nel Partito Democratico? Il suo è un cursus honorum pieno: una rapida scalata dai movimenti giovanili al primo assessorato nel 2009, dalla guida del Municipio di Baschi nel 2019, poi riconfermato, alla segreteria regionale. Quali consigli si sente di dare ai giovani che vogliono provare l’impegno politico?
Ho iniziato da giovanissimo, con la Sinistra Giovanile e poi con i GD. All’epoca avevo 16-18 anni, ed è stata una spinta ideale: ricordo le manifestazioni per la pace, contro la guerra in Iraq. In quel momento non avevo ancora chiaro che il Partito Democratico potesse rappresentarmi pienamente.
Poi, con il tempo, ho capito che c’è bisogno di uno strumento come un partito, che richiede compromessi, ma è anche l’unico modo per partecipare, concorre con metodo democratico al progresso e alla gestione della nazione, come dice la Costituzione. Da lì è nata la mia militanza, convinta e appassionata, anche con l’idea di migliorare ciò che non condividevo, dall’interno.
Penso che se questo passaggio fosse raccontato meglio, potrebbe spingere molti giovani ad impegnarsi. Dall’impegno nel partito sono passato quasi naturalmente a quello nell’amministrazione. A 22 anni sono entrato in consiglio comunale, poi sono stato nominato assessore, e da lì è iniziato tutto. In un piccolo comune come Baschi l’impegno è totalizzante, ma proprio per questo diventi presto un punto di riferimento, prima per i giovani, poi per tutta la comunità. Essere sindaco è un’esperienza straordinaria. E poi c’è stata l’emergenza Covid, ero sindaco da appena un anno. Quella è stata la prova più difficile, ma anche la più formativa. Prendere decisioni urgenti, spesso da solo — come chiudere o meno una scuola — è stato un momento di grande responsabilità. Ancora oggi, quando affronto situazioni complesse, torno con la mente a quei giorni. Mi aiutano a trovare equilibrio e lucidità.

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