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Home Politica

“Perché il centrodestra orvietano continua ad attaccare ogni giorno a testa bassa la Regione”

Redazione by Redazione
15 Luglio 2025
in Politica, Secondarie, Archivio notizie
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di Claudio Lattanzi 

Avere drammaticamente bisogno di trovare alleati ed impegnarsi invece pervicacemente ogni giorno a moltiplicare i propri nemici. I comportamenti irrazionali e dannosi non appartengono solo agli individui, ma anche alle comunità politiche. Lo dimostra in maniera eclatante la posizione assunta dall’amministrazione comunale di Orvieto e del centrodestra cittadino, entrambi mobilitati con stupefacente dedizione a combattere una folle guerra contro la Giunta regionale.
Dall’aumento delle tasse, allo sforzo costante per alimentare lo spauracchio della discarica, dalle recriminazioni sulla sanità fino ai trasporti. Dopo aver passato cinque anni in totale mutismo, accettando ogni decisione della Giunta Tesei (depotenziamento dell’ospedale in primis) con la compiacenza silente tipica dei sottoposti, adesso che a Perugia governa la sinistra, l’amministrazione Tardani e i fratelli d’Italia si sono scatenati.
Dimostrando di sbagliare adesso quanto e più di prima e facendo sempre pagare il conto ai cittadini. Il punto di partenza è chiarissimo. La comunità orvietana ha straordinariamente bisogno di rapporti costruttivi con  la Regione. L’attuale fase politica, lontana da ogni appuntamento elettorale, dovrebbe spingere chi governa la città ad abbassare i toni, a mettere da parte le convenienze di partito per avviare un lavoro di ricucitura e diplomazia nell’esclusivo interesse della comunità orvietana che da Perugia dipende per molte cose.

Ci sono in ballo partite essenziali e lo scenario del prossimo futuro è già cupo, ma può diventare catastrofico se chi governa Orvieto continuerà ancora a scavare la fossa dell’isolamento politico. Dal prossimo anno, il collegamento ferroviario con Roma rischia di essere definitivamente declassato sulla linea lenta, c’è un ospedale da rilanciare, c’è la tragicomica vicenda della strada complanare che non si riesce a concludere, c’è in ballo il piano sanitario in cui Orvieto dovrebbe lavorare per portare a casa tanti risultati compreso il centro Alzheimer e una rsa che sono solo la punta dell’iceberg di una questione anziani sempre più grave.  C’è la questione ambientale e quella immobiliare con la perenne incompiuta Piave. Ci sono soprattutto generazioni di ragazzi che continuano a fuggire da un territorio privo di un modello economico in grado di creare lavoro ed opportunità.

MARCIARE UNITI VERSO IL BARATRO

Tutto questo nel contesto di un probabile taglio ai fondi per le Aree interne. Un ceto politico razionale e coraggioso dovrebbe accantonare le differenze di bandiera e cercare dialogo, sponde, impegni sulle progettualità, anche cambiando registro nel rapporto con le opposizioni locali che hanno una forza politica quasi equivalente a quella del centrodestra. Invece si fa il contrario.
Quello che conta non è portare a casa i risultati facendo accordi anche con Belzebù pur di aiutare Orvieto, ma si è scelta la postura di rimanere fedeli al centrodestra umbro che è uscito con le ossa rotte dalle due grandi sfide per il capoluogo e la Regione ed ora ha bisogno di alleati nei territori per motivi di lotta politica. Loro però non hanno responsabilità di governo.

Orvieto è sempre più isolata, con la Regione si battaglia ogni giorno, con la Provincia di Bandecchi zero rapporti mentre la vicinanza col governo Meloni non ha finora prodotto nessun vantaggio. Per quale motivo la presidente di Regione dovrebbe occuparsi di quella che è diventata ormai l’undicesima città dell’Umbria se quella amministrazione comunale ingaggia una costante e virulenta guerra contro di lei? Il centrodestra orvietano sembra essere guidato da persone incapaci di uscire da quella immutabile modalità da oppositori in cui hanno vissuto tutta la vita, senza riuscire a capire che quando hai la responsabilità di governare devi essere capace di cambiare registro mentale. Invece sono come un disco rotto.
La cosa sorprendente è l’assenza di ogni pensiero dissidente, marciano tutti inquadrati come tanti soldatini dietro alla pifferaia magica senza che nessuno si faccia venire il minimo dubbio di star procedendo verso il baratro. Certo che mantenere la fedeltà gerarchica ai propri partiti può garantire un paracadute personale per il dopo, ma forse c’è un retropensiero di fondo che può far capire i motivi di questa follia. Probabilmente si è capito che l’esperienza Tardani è destinata a concludersi senza aver inciso sui problemi strutturali di Orvieto.

IL GRANDE ALIBI

Allora si è iniziato per tempo a costruire il grande alibi, il mega capro espiatorio da propinare al popolo, la “Regione nemica”, per mettersi al sicuro ed impostare la successiva campagna elettorale con una argomentazione difensiva verosimile, tanto le elezioni anche locali le vince o le perde Giorgia Meloni e l’importante è saper mascherare bene i propri eventuali fallimenti. Muoia Sansone con tutti i filistei.
Nella prima fase del governo Tardani, dal 2019 alla fine del 2024, l’Istat ha certificato che Orvieto ha perso il 5.2% della propria popolazione complessiva. Non c’è all’orizzonte nessuna soluzione per la Piave, ma soprattutto non esiste nessun progetto per arrestare il declino economico insito nell’esclusivo modello del villaggio turistico.  Invece di coprirsi di ridicolo con le pistolette elettriche alla polizia locale nel tentativo di sviare l’attenzione verso l’unico problema che grazie a Dio ancora non abbiamo, la sindaca ed il centrodestra abbiano il coraggio di aprire una nuova fase. La fase della responsabilità e del dialogo, abbandonando la ricerca perdente degli alibi e mettendo in un angolo chi sa campare solo nella sottocultura del reducismo e del rancore permanente. Se Roberta Tardani saprà fare questo, potrà trovare gli alleati che adesso servono per mettere veramente a frutto i prossimi quattro anni di preziosissimo tempo. Il coraggio non le manca, ma adesso serve una radicale riformattazione politica.

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