
Il dibattito che si è sviluppato in questi giorni attorno al tema della Aree Interne, tra le altre cose, ha avuto il merito di aprire una nuova prospettiva, in particolare dopo l’ultimo intervento di Valentino Filippetti, sindaco di Parrano. Fino ad oggi, infatti, abbiamo parlato delle Aree Interne come luoghi da “recuperare”, territori da “rilanciare”, periferie dell’economia e dello sviluppo da aiutare e da supportare.
Le abbiamo raccontate come spazi in sofferenza, afflitti da spopolamento, carenza di servizi, isolamento. Una parte d’Italia fragile, da salvare. Queste sfide e queste criticità, effettivamente, ci mettono ogni giorno a dura prova. Ma proviamo a spostare lo sguardo. La verità, che diventa sempre più evidente sotto la pressione della crisi climatica e ambientale, è che le Aree Interne e rurali non sono soltanto territori da salvare. Sono, al contrario, i territori che ci posso salvare, e senza i quali non potranno sopravvivere nemmeno le città.
Le Aree Interne ospitano foreste, fiumi, pascoli, terreni agricoli, montagne, colline. Spazi che generano servizi ecosistemici fondamentali, cioè tutte quelle funzioni naturali che rendono possibile la vita umana, anche (e soprattutto) in ambiente urbano: acqua potabile, accumulata nei bacini idrici montani e collinari; aria pulita, grazie ai processi di assorbimento dell’anidride carbonica; cibo di qualità, prodotto da agricoltura innovativa e di qualità; difesa dal dissesto idrogeologico, garantita da paesaggi coltivati e manutenuti; biodiversità, che sostiene l’impollinazione, la fertilità dei terreni e la rigenerazione dei suoli; paesaggi vivibili, che rigenerano il corpo e la mente.
Senza tutto questo, le aree urbane rischierebbero di collassare su loro stesse. L’inquinamento aumenterebbe, l’acqua scarseggerebbe, le isole di calore si moltiplicherebbero, il costo del cibo crescerebbe, la qualità di vita peggiorerebbe e le emergenze climatiche diventerebbero la norma. Interdipendenza, quindi, non assistenzialismo. Non si tratta di fare carità alle aree interne, si tratta di riconoscerne il ruolo strategico. Di riconoscere, una volta per tutte, che le città non possono vivere senza il contributo silenzioso ma cruciale delle aree rurali.
Serve un nuovo patto ecologico, sociale ed economico tra città e aree interne. Un’alleanza fondata sul riconoscimento e la remunerazione dei servizi ecosistemici, sul supporto a filiere produttive locali sostenibili, sul riequilibrio degli investimenti pubblici in infrastrutture e servizi.
È quello che, nel nostro piccolo, stiamo cercando di promuovere con la strategia della Green Community Umbria Etrusca, che vede i comuni dell’orvietano impegnati a programmare una serie integrata di azioni legate alla valorizzazione dei servizi ecosistemici e della nostra economia rurale. Non salviamo le Aree Interne per pietà. Le salviamo per salvarci tutti. Le aree interne non sono il problema. Sono una parte essenziale della soluzione.
Damiano Bernardini,
sindaco di Baschi








