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Home Economia

L’Umbria perde imprese, ma i giovani non mollano

Redazione by Redazione
4 Giugno 2025
in Economia, Secondarie, Archivio notizie
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Il tessuto imprenditoriale umbro continua a sfilacciarsi 
I numeri del “Cruscotto congiunturale” elaborato dal Centro Studi delle Camere di commercio fotografano una regione in cui, anche nei primi tre mesi del 2025, le imprese che chiudono superano di gran lunga quelle che nascono. Il saldo tra iscrizioni (1.357) e cessazioni (2.436) è negativo per 1.079 unità. Un quadro che evidenzia la fragilità strutturale dell’economia regionale. Il calo delle cessazioni (-27,5%) rispetto al 2024 potrebbe far pensare a un miglioramento, ma il saldo ampiamente negativo e il contesto generale suggeriscono che potrebbe incidere anche un ritardo fisiologico negli aggiornamenti anagrafici, tipico dei primi trimestri. L’indicatore più rivelatore – quello delle nuove iscrizioni – segna un -1,8%, a fronte di un +2,9% a livello nazionale. Un dato che conferma: in Umbria fare impresa resta più difficile che altrove.

Forme giuridiche, frenano le società di persone ma il saldo negativo colpisce tutti
I numeri evidenziano una dinamica netta nelle scelte degli imprenditori: crescono le iscrizioni di imprese individuali e società di capitali, entrambe a +5,3% sul primo trimestre 2024 (rispettivamente 840 e 395 nuove aperture), mentre crollano le società di persone (-25,4%) e le “altre forme” (-70%). Le cessazioni, seppur in calo generalizzato, restano alte: 1.093 per le ditte individuali, 254 per le società di capitali e 194 per quelle di persone. Il saldo resta dunque negativo in tutte le categorie.

I settori tradizionali arrancano
Nel turismo si registrano 81 nuove iscrizioni a fronte di 91 cessazioni, con un saldo negativo di -10. L’agricoltura va peggio: 130 aperture contro 257 chiusure, pari a -127. Il commercio conta 201 nuove imprese, ma ben 389 cessazioni: il saldo è di -188. Anche le costruzioni segnano un arretramento: 190 iscrizioni, 237 cessazioni, saldo -47. Solo pochi settori reggono: la manifattura mostra un recupero (+12,3% di iscrizioni), pur con un saldo negativo (-32). I trasporti segnano +50% di aperture (15) ma restano sotto per chiusure (44). L’unico comparto con saldo positivo è quello di assicurazioni e credito: 64 aperture contro 52 cessazioni, saldo +12. Qui si concentrano le poche spinte espansive.

Crescono le imprese… in crisi
Il dato più allarmante riguarda le procedure concorsuali. L’Umbria ha registrato 122 nuove procedure (fallimenti, crisi, concordati), in crescita dell’88,7% rispetto al primo trimestre 2024, un incremento in linea con il dato nazionale (+100%). Tra i fallimenti, il numero più alto riguarda le società di capitale (27 casi), seguite da società di persone (4), imprese individuali (2) e “altre forme” (2). Le crisi d’impresa – che comprendono ristrutturazioni, piani e concordati – sono state 46 in totale, con 37 casi tra le società di capitale (+42,3%) e un aumento marcato anche per le imprese individuali (+50%).
Non è dunque solo il piccolo a cedere: a soffrire sono aziende di ogni dimensione e forma giuridica, spesso in comparti chiave. Le crisi hanno colpito duramente costruzioni (13 casi), commercio (11), manifattura (10), turismo (11) e trasporti (3). Segno di un indebolimento trasversale, che mette a rischio l’intero sistema produttivo regionale.

Donne e giovani sfidano la congiuntura
Nonostante tutto, alcuni segnali positivi emergono da chi scommette sul futuro. Le imprese guidate da under 35 crescono in Umbria del 21,8% rispetto al 2024, contro un -2% nazionale. Il saldo è positivo. I settori più dinamici: turismo (+61,5%), servizi alle imprese (+37,8%), commercio (+16,9%). Un’espansione che coinvolge soprattutto le imprese individuali e le microrealtà ad alta vocazione innovativa. Anche l’imprenditoria femminile segna un +9,6% regionale, contro un calo dell’1,3% in Italia. Il saldo è positivo grazie a performance significative in costruzioni (+66,7%), assicurazioni e credito (+35,3%) e servizi alle imprese (+16,7%). Un dato che racconta non solo un recupero, ma una forma di tenuta coraggiosa anche nei settori più esposti alla crisi. Più fragile la situazione delle imprese straniere, in calo del 5,8% nelle iscrizioni. Le perdite si concentrano nei trasporti (-50%), costruzioni (-7,2%) e commercio (-2,7%). Qui il saldo è negativo, segno che l’imprenditoria migrante è sempre più esposta alle difficoltà economiche e meno tutelata rispetto ad altre componenti del sistema.

Lavoro in crescita, ma solo nelle imprese strutturate
Gli addetti delle imprese umbre aumentano dell’1,4%, leggermente sopra la media nazionale (+0,8%). Ma non tutte le aziende beneficiano di questa crescita. Le microimprese (meno di 9 addetti) perdono terreno (-1,6%), mentre crescono le piccole (+3,9%), le medie (+4,4%) e le grandi imprese (+3,1%). I settori con performance migliori in termini di occupazione sono turismo (+4,8%), costruzioni (+2,9%) e trasporti (+2,1%). Restano stabili o leggermente in calo commercio, servizi e credito. L’occupazione cresce, ma si concentra dove già esistono strutture consolidate: il rischio di una dualità profonda resta attuale.

Non basta resistere, serve un piano
La fotografia del primo trimestre 2025 conferma che l’Umbria non ha ancora voltato pagina. I saldi restano negativi in quasi tutti i comparti, i fallimenti crescono a ritmi preoccupanti e la vitalità imprenditoriale è in affanno. Le eccezioni – giovani e donne – mostrano che l’energia c’è, ma rischia di disperdersi in assenza di una strategia coordinata e di politiche capaci di valorizzare l’intraprendenza dove ancora c’è. Servono politiche industriali coraggiose, incentivi selettivi, accesso facilitato al credito e programmi di formazione imprenditoriale mirati. La resilienza umbra è notevole, ma da sola non può più reggere l’urto. Senza visione, anche i numeri del secondo trimestre rischiano di essere impietosi. E questa volta, non potremo dire che è stata una sorpresa.

“Il saldo negativo di oltre mille imprese in un solo trimestre – afferma Giorgio Mencaroni, presidente della Camera di Commercio dell’Umbria – conferma che il sistema produttivo umbro è sotto pressione. L’aumento dell’88% delle procedure concorsuali e il calo delle nuove iscrizioni segnalano un clima di incertezza che frena la voglia di fare impresa. In questo scenario, la crescita delle aziende guidate da giovani e donne rappresenta un segnale di fiducia da non disperdere. Ma non basta contare sulla resilienza dei singoli. Serve un piano strategico regionale e nazionale, capace di intervenire con urgenza su credito, innovazione, formazione e semplificazione. Chi ha il coraggio di aprire un’attività oggi in Umbria deve sapere che non è solo. La resilienza non basta più: senza un piano, rischiamo di perdere energie preziose e opportunità decisive”.

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