Orvieto torna a fare i conti con un gesto vile e incomprensibile che si consuma, ancora una volta, nel luogo che dovrebbe essere simbolo di rispetto, raccoglimento e memoria. Questa mattina, i familiari di Annunziata Puppola — scomparsa appena tre mesi fa — hanno fatto una triste scoperta al cimitero: la foto in cristalli liquidi da poco installata sulla sua tomba che la ritraeva insieme al nipote morto all’età di 3 anni, è stata brutalmente danneggiata, probabilmente presa a sassate da ignoti.
“Qualche essere malvagio, infame, vigliacco s’è divertito a colpire la foto con una pietra o altro corpo contundente”, raccontano i familiari Massimo Gambetta e la moglie Tiziana, sconvolti non solo dal danno materiale, ma soprattutto dall’ennesima ferita inferta alla memoria della loro cara. Un gesto tanto assurdo quanto doloroso, che colpisce chi ha già subito una perdita e cerca, nel silenzio di un camposanto, un minimo di pace.
Questo episodio non è purtroppo un caso isolato. Negli ultimi anni, il cimitero di Orvieto è stato teatro di numerosi atti vandalici: fiori rubati, tombe profanate, oggetti sacri danneggiati. Eppure, nessuno dei responsabili è mai stato individuato. La verità è che il cimitero — luogo sacro per eccellenza — versa in uno stato di abbandono per quanto riguarda la sicurezza. Manca un sistema di videosorveglianza, mancano controlli regolari, manca quella tutela minima che ogni cittadino dovrebbe avere, anche — e soprattutto — nel momento più fragile, quello del lutto.
“Spero che vengano prese al più presto misure concrete per tutelare noi cittadini”, continua lo sfogo di Massimo e Tiziana. “Oltre al dispiacere per la perdita di una persona cara, siamo costretti a subire anche questi atti ignobili, senza che mai nessuno paghi”. I famigliari hanno sporto regolare denuncia contro ignoti ai carabineri di Orvieto.
È tempo che le istituzioni smettano di voltarsi dall’altra parte. È tempo di agire, di installare telecamere, di garantire sorveglianza, di proteggere i luoghi della memoria. Perché un cimitero non è solo un luogo fisico: è un rifugio di affetti, un legame con il passato, un pezzo della storia collettiva. E lasciarlo in balìa dei vandali significa, ogni volta, profanare quel che di più sacro abbiamo.









