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Home Politica

Diamo all’Umbria un Pd all’altezza del suo popolo e delle sfide del governo regionale

Redazione by Redazione
22 Maggio 2025
in Politica, Secondarie, Archivio notizie
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di Carlo Emanuele Trappolino

Il Partito Democratico dell’Umbria si prepara a celebrare il suo congresso. Lo fa da una prospettiva privilegiata e stimolante, dopo le vittorie di Perugia, di molte città e della Regione, ma al tempo stesso carica di responsabilità rispetto all’urgenza di un confronto profondo per definire un progetto all’altezza dei tempi, forte e autonomo nel sostenere le sfide del governo e consapevole che vincere non basta, serve dare nuovo respiro a una comunità.

E allora, è questo il momento di immaginare un nuovo sviluppo fondato su un’idea unitaria, aperta e capace di valorizzare le identità delle città; nel partito, di recuperare e radicare meccanismi di trasparenza e democrazia interna, anche nella selezione degli organismi e delle rappresentanze istituzionali, rifuggendo dannosissime logiche di gruppo. Solo così potremo rafforzare la preziosa distinzione di ruoli e funzioni tra chi sta al governo e chi guida il partito. Qualcuno molto più autorevole di me diceva che i “partiti debbono… concorrere alla formazione della volontà politica della nazione; e ciò possono farlo… interpretando le grandi correnti di opinione, organizzando le aspirazioni del popolo, controllando democraticamente l’operato delle istituzioni”. Dando voce a chi non ce l’ha, rappresentando anche gli ultimi, gli svantaggiati, gli emarginati. E aggiungo: preservando le istituzioni dal conflitto politico che l’elaborazione genera. Ecco perché, raggiunto da segnali preoccupanti in questo senso, auguro al Pd dell’Umbria di essere capace di distinguere, soprattutto in questa fase, i ruoli che è chiamato a interpretare e di saper ricondurre a regole il conflitto, pur necessario in un’ottica di costruzione e di arricchimento che viene dalla pluralità dei punti di vista.

Il momento è straordinario, incombono urgenze non più rinviabili che devono trovare spazio nel nostro dibattito. Su tutte il lavoro. Bisogna recuperarne la dimensione “soggettiva”, accompagnare una mobilitazione vera, capillare, che ne recuperi l’essenza più profonda che è quella di assegnare a ciascuno il suo spazio nel mondo; bisogna portare il tema referendario nei nostri incontri, nei nostri dibattiti. Insieme al lavoro cammina la questione sociale. Le disuguaglianze crescono, crescono le solitudini; i salari non garantiscono dignità e opportunità, i diritti si assottigliano, a partire da quelli alla salute e all’istruzione, principi primi di una cittadinanza piena. Il faro è la trasformazione del mondo secondo giustizia, il cammino è fatto di battaglie sacrosante, di presenza nei luoghi della difficoltà oltre che in quelli della decisione per dare voce a chi rimane escluso. Lavoro, giustizia sociale, diritti sono, infine, anche i mattoni per costruire, nel dialogo, un nuovo orizzonte di pace. Farsene interpreti radicali è la reazione necessaria di fronte a un mondo “guasto”.

Rispetto al metodo, tre temi possono essere offerti al dibattito per un Pd moderno e popolare: durata, decisione, differenza.

Serve, innanzitutto, dare durata e continuità alle istanze e ai fermenti del civismo e dei movimenti attivi sui territori, che negli scorsi appuntamenti elettorali hanno svolto un ruolo fondamentale. Tocca al Pd interrogarsi su come rendere permanente la presenza e la rappresentanza di queste istanze nell’agenda politica, su come “mantenere” il risveglio di molte realtà dopo il voto, ben sapendo che un Partito diventa grande quando è capace di dare durata a sentimenti profondi che attraversano le comunità. Con le proposte di governo, a supporto dell’azione della giunta regionale, e con le alleanze sociali, oltre a coltivare e rafforzare quelle politiche.

E’ proprio quello del congresso il tempo giusto per porre al centro temi di prospettiva su cui costruire la durata. Ma per farlo occorre frenare la personalizzazione distruttiva e farne una festa, riscoprendo le virtù della moderazione, che è il contrario del moderatismo, come insegnano le vittorie di Perugia e della Regione. Ri-mediare la democrazia. Ri-mediare per correggere le cose sbagliate e per trovare la misura della politica. La decisione ha bisogno di un Partito autorevole che sappia gestire sia il conflitto sia la mediazione. Un Partito capace di ri-mettere insieme persone e proposte, saldamente radicate nella società umbra, a sostegno del governo delle città e della regione.

Un’ultima consapevolezza che dovrebbe guidarci nel tornante di questo appuntamento congressuale è che la vittoria in Umbria è frutto della politica del Pd, ma anche e soprattutto dell’impegno dei nostri militanti oltre che dell’intelligenza dell’elettorato di centrosinistra. Elettorato che riconosce quando si giocano partite decisive e sa organizzarsi. Siamo sinceri, questo elettorato è spesso più avanti del ceto politico che dovrebbe rappresentarlo. E in questo scarto, in questa “differenza” c’è “una spina e una rosa”: c’è il pungolo a cambiare noi stessi e c’è un fiore che può sbocciare se costruiamo un Partito Democratico all’altezza del suo popolo.

Ci sono tante risorse positive da incoraggiare nella nostra organizzazione: per questo dobbiamo dare all’Umbria un moderno Partito popolare. Moderno perché vuole andare oltre le vecchie forme. Popolare perché vuole dare il potere a chi non ce l’ha.

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