
Tra le storie che più spesso mi racconta mio nonno Aniello, ce n’è una della sua infanzia che mi colpisce ogni volta: una vicenda straziante, fatta di sofferenza e tormento, che riaffiora timidamente dalle sue parole. Non è una delle tante storie che racconta a me e ai miei cugini: questa è la storia, quella che custodisce tutto il suo
dolore, e che ogni volta mi tocca profondamente.
Raramente è riuscito a raccontarmela per intero, senza poi abbandonarsi al solito “Va buò, poi tant’ ‘o saje già chell ca m’è succiess”. Io non insisto, non faccio domande: ascolto solo fin dove il suo ricordo riesce a spingersi. Per mio nonno, tradire la sua immagine di uomo adulto, forte, saldatore per tutta la vita, davanti a sua nipote, sarebbe troppo.
Aniello Mignano è nato a Dicembre del 1939 a Napoli, solo 4 anni dopo dovrà già fare i conti con una mancanza che lo segnerà per tutta la vita. Il 29 settembre 1943 a Napoli stava accadendo qualcosa di incredibile e tragico: le Quattro giornate di Napoli (27-30 settembre 1943), l’insurrezione avvenuta nel corso del Secondo conflitto mondiale, tramite il quale le masse popolari napoletane riuscirono a liberare la città dall’occupazione delle forze armate tedesche. In quei giorni Napoli insorgeva, mobilitandosi quartiere dopo quartiere, in un impetuoso slancio mirato a imporre l’uscita accelerata dei tedeschi da Napoli e ad agevolare l’ingresso delle truppe alleate.
L’eroismo e il coraggio dei napoletani consentì alle forze alleate anglo-americane di trovare al loro arrivo, il 1 ottobre 1943, una città già libera. Il bilancio degli scontri fu tragico. Le fonti non concordano sui numeri, ma i caduti furono sicuramente diverse centinaia.
Tra queste, c’è una donna il cui nome negli anni mi è divenuto familiare: Assunta Bronzetti, nata a Napoli il 21 gennaio 1921. Era la mamma di mio nonno Aniello. Quel 29 settembre 1943, Assunta Bronzetti, ventiduenne già moglie e madre di due figli, si trovava nel centro storico di Napoli, dove le insurrezioni contro i nazisti erano al culmine. I ricordi di quei momenti per mio nonno che non aveva ancora compiuto 4 anni, sono frammentari, confusi, immersi in un caos stra-ordinario fatto di urla, spari e boati che rimbombavano tra i vicoli stretti della città. Secondo il racconto di mio nonno, la dinamica fu questa: suo padre, Gaetano Mignano, mio bisnonno, si lanciò nella folla del moto popolare. Accanto a lui, lamoglie Assunta Bronzetti, che con prontezza lo afferrò per la camicia, tentando di tirarlo via dal pericolo.
Un proiettile però era già partito: impossibile capire chi avesse sparato. Assunta, con lucidità, si pose davanti al marito, facendogli da scudo col proprio corpo. Lo sparo la colpì alla regione sottoclavicolare sinistra (secondo il Diario clinico dell’Ospedale degli Incurabili di Napoli, refertato il 29 settembre 1943), attraversandola per poi colpire comunque la spalla di Gaetano. Quel proiettile causò a mio bisnonno una lesione permanente, compromettendogli l’uso del braccio per tutta la vita. Ma per la giovane vita di Assunta, il destino fu ben più tragico. Ferita, ma ancora cosciente, venne portata all’ospedale Santa Maria del Popolo Incurabili di Napoli. Morì dodici giorni dopo, alle ore 10 del 10 ottobre 1943, lasciando due bambini. Mio nonno, con gli occhi lucidi, mi racconta la dolcezza degli ultimi momenti vissuti accanto al letto d’ospedale della sua mamma.
L’Estratto per copia integrale de registro degli atti di morte del Comune di Napoli è un documento redatto a mano dove venivano indicati il luogo, il giorno, l’orario e le generalità della persona deceduta. Tra queste, la razza. Nella seduta del 5 gennaio 1948, la Commissione per il riconoscimento qualifiche partigiani della regione Campania certifica Bronzetti Assunta, di Settimio e di Perna Lucia, nata a Napoli il 21 gennaio 1921, come “Caduta per la lotta di liberazione” per aver operato a Napoli nel giorno 29 settembre 1943 e per essere deceduta il giorno 11 ottobre 1943 in seguito alle ferite riportate.
L’atto è firmato dal Presidente dea Commissione Prof. Antonino Tarsia. È l’unico atto, tra i documenti restituiti a mio nonno Aniello, in cui Assunta Bronzetti non è associata al cognome del marito. Nonno, tua mamma è morta da donna libera e per la libertà del nostro Paese. Per me, il significato del 25 aprile è tutto qui.
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Io sono Marina Schettini, pronipote di Assunta Bronzetti e – ironia della sorte – nata e cresciuta a Orvieto, città dei Sette Martiri. Marina Schettini, Dott.ssa in Scienze Internazionali – UniTo








