di Pasquale di Paola
Penultimo sabato di Gennaio.Il calendario riporta sabato 18 gennaio.
Un cielo plumbeo copre Orvieto.
Una pioggerellina leggera e fastidiosa viene giu’a intermittenza.
Guardo l’ora sul cellulare mentre scendo le scale di casa.
Mancano venti minuti alle dieci.
Rinuncio all’ombrello.Non mi sono mai piaciuti gli ombrelli.
Usero’il cappuccio della giacca nel caso aumenti di intensita’la pioggia.
Gia’pregusto il mio solito buon cornetto alla nutella con il solito caffe’ristretto al mio solito bar.
Attraverso via Stefano Porcari direzione Corso.
Cercando di camminare adiacente il muretto a sinistra della via per scansare in parte la pioggia.
Mi immetto sul corso.
Sara’per il cielo plumbeo,sara’per la pioggerellina che continua a venire giu’ leggera senza soluzione di continuita’,ma il Corso stamane ,nonostante sia sabato,sembra meno popolato del deserto del Sahara.
Fa impressione il Corso quando e’cosi’ deserto.Da’l’idea di una Orvieto decadente,in agonia irreversibile.
Tante sono le saracinesche chiuse.Laddove fino a poco tempo fa c’erano i negozi storici di Orvieto, ora ci sono solo saranicinesche abbassate con la scritta “Fittasi”.
Qualche negozio di abbigliamento e’aperto.Anche se desolatamente vuoto.
Mi viene da pensare che stamane la mia amata cittadina somigli tanto a un quadro studiato al liceo,non mi ricordo di quale pittore.
Che rappresentava la lenta agonia di un uomo chino su se stesso.
Provo a scacciare questi tristi pensieri pensando alla “dolce”colazione che mi attende.
Arrivato all’altezza del Teatro ,resto meravigliato da non vedere il solito via vai di persone entrare e uscire dal “mio”bar.
Meglio,penso tra me.Non dovro’neanche fare la fila per fare colazione.
Ma poi capisco che la realta’e’diversa Oggi e’chiuso .Serrande abbassate.
Mi tocca ripiegare su un altro bar.
Decido di scartarne un paio perche’fanno un caffe’a mio giudizio non buono.Mi avventuro piu’ avanti nel Corso e decido di entrare in uno nel quale mai ero entrato prima.
Non c ‘e’nessuno all’interno eccetto una persona dietro al bancone.
Vorrei prendere un cornetto con la cioccolata.Per scacciare con un po’di dolcezza questa atmosfera plumbea e malinconica.
Guardo nel contenitore di vetro dove sono custoditi i cornetti.
E resto colpito dal volo pindarico di una piccola mosca rimasta chiusa al suo interno.
Seguo il suo volo per qualche secondo,poi la vedo posarsi propio sull’unico cornetto con cioccolato che volevo prendere.
Decido di rinunciarvi e lasciarlo alla piccola mosca.
E ordino un caffe’.
Appena inizio a sorseggiarlo avverto un sapore amarastro di liquido andato a male.
Lo lascio. Pago.Saluto e esco.
Mentre mi riaffaccio sul Corso tra me mi dico che mai piu’mettero’piede in quel bar.
Guardo l’orologio della torre del Moro.
Dieci e venti.
Decido di andare a fare un giro al mercato,come ogni sabato.
Mi piace girovagare tra le bancarelle del mercato.
Mi immetto nel vicoletto tra la Giunti e la Torre del Moro.
Direzione mercato.
Vicoletto deserto a sua volta.L’unica persona che passa e’il solito signore che spinge a fatica una carretta di frutta.Lo guardo come sempre e provo la solita ammirazione per lui.Nonostante mostri una veneranda eta’,ha ancora la forza di raggiungere con il suo carretto il mercato per vendere quel po’di frutta e verdura che evidentemente raccoglie nel suo campo durante la settimana.
Da lui compro sempre qualcosa E ogni volta che lo faccio mi auguro alla sua eta’di poter essere come lui.
Preso dalle mie riflessioni non mi sono reso conto che la pioggia ha smesso di venire giu’.
Che il cielo sopra Orvieto e’ diventato meno plumbeo e che tra le nuvole ha fatto capolino un raggio di sole.
Che un po’ allieta e riesce a trasformare in dolce e bella questa mia solita,tranquilla mattinata orvietana.