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Home Sociale

Nova civitas: contrastare la fuga dei giovani si può, ecco le buone pratiche

Redazione by Redazione
31 Gennaio 2025
in Sociale, Secondarie, Archivio notizie
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Riportare i giovani sul territorio, incoraggiare progetti con una visione ad un futuro che coniughino obiettivi di produttività con il rispetto dell’ambiente e delle persone, fare rete, valorizzare e sviluppare quello che oggi esiste solo nel potenziale. Se n’è paelaro all’incontro “Buone pratiche a confronto”, organizzato da Nova Civitas (qui il link alla pagina dedicata: https://www.facebook.com/groups/novacivitas/?ref=share) nell’ambito del percorso formativo per l’anno 2024/2025 ispirato ai temi della Settimana sociale dei Cattolici “Al cuore della Democrazia” e al Giubileo 2025 “Pellegrini di speranza, presso Lo Scalo Community Hub di Orvieto Scalo.

Da qui si è allargato lo sguardo al territorio di Orvieto, che sta assistendo, con una accelerazione negli ultimi tempi, a un netto e progressivo spopolamento che conta un meno 1,5% annuale, che vede uno scarsissimo tessuto imprenditoriale, e poi a tutta l’Umbria, una regione che, più di altre, assiste alla cosiddetta “fuga dei cervelli”, giovani che se ne vanno a studiare fuori e poi non tornano, scontrandosi con la scarsa attrattività di queste zone che sembrano non offrire loro la possibilità di un futuro. Eppure, lo ricorda Suor Maria Luisa Gatto di Nova Civitas nel suo intervento introduttivo “questa è una regione che ha ricchezze storiche, culturali, impresariali e spirituali che non temono in confronto con le altre”. Ed è infatti proprio il confronto tra esperienze diverse che si sono succedute al tavolo dell’incontro che dimostrano come “ci sono esperienze che anche sul territorio funzionano e da cui si può prendere ispirazione”. Molto diverse, certo, ma nello stesso tempo accumunate da caratteristiche simili e importanti: l’attenzione alle persone, una visione verso obiettivi di crescita e sviluppo e interesse al bene comune.

Buone pratiche sul territorio: giovani animatori, la startup K-Digitale, e un’impresa sociale

Come l’esperienza presentata da Massimiliano Sterpinetti, A.D. della startup K Digitale che rappresenta un esempio di eccellenza e innovazione su questo territorio. Fondata sette anni fa, K-Digitale è un’azienda che sa coniugare ricerca, sviluppo tecnologico e attenzione al benessere dei propri dipendenti, tanto da essere diventata un punto di riferimento nel panorama nazionale. Ha inoltre il merito di aver riportato in Umbria diversi giovani di talento, usciti anni fa per studiare, e che hanno deciso di rientrare grazie a questa opportunità arrivata dal loro luogo di origine. L’azienda impiega infatti circa 39 professionisti tra fisici, ingegneri e data scientist offrendo soluzioni tecnologiche che abbiano un impatto concreto sul miglioramento della vita dei territori. Un esempio è il progetto di mobilità della città di Bergamo, che spazia dal monitoraggio degli aerei che atterrano allo sblocco delle e-bike nel centro storico che ha contribuito a rendere la città tra le più vivibili d’Italia. Non solo, questa azienda è un esempio soprattutto per l’attenzione al benessere dei propri dipendenti. Grazie alla ristrutturazione di ex ristorante nel percorso Verde Perugia, ha realizzato una sede accogliente che promuove un ambiente di lavoro che favorisce il welfare e la qualità della vita di chi ci lavora. Un approccio che ha contribuito a creare un clima di fiducia e collaborazione, essenziale anche per il successo dell’azienda tutta. Esperienza diversa, eppure per certi versi simile grazie all’attenzione che pone verso “la persona”, è quella raccontata dai giovani del Grest. Anna, Andrea e Giacomo sono animatori che nei mesi estivi prestano il proprio tempo per realizzare i gruppi di animazione parrocchiale che, da circa 15 anni, vengono aperti a favore di bambini e ragazzi dai 5 ai 14 anni. Un’esperienza formativa e di crescita in cui si impara l’uno dall’altro, dove ci si impegna a rispondere alle esigenze dei più piccoli, superando problemi piccoli e grandi. Un percorso in certi momenti difficoltoso che richiede spirito di adattamento e che impone preparazione e ascolto verso l’altro, come testimoniano i ragazzi: “Organizzare i laboratori, le giornate e persino gestire le risorse economiche, certamente limitate ma comunque da amministrare è impegnativo, ma anche estremamente formativo. Impariamo a gestire possibili disaccordi e conflitti, sperimentando un po’ quello che accadrà quando ci si proietterà nella vita adulta”, dicono. Un lavoro non retribuito economicamente, ma che lascia sicuramente un bagaglio importante a chi decide di parteciparvi. Come, ad esempio, scoprire cosa si vorrebbe essere in futuro, o essere capaci di affrontare difficoltà inaspettate, nel rispetto reciproco nelle diversità.

Ma l’attenzione alle persone e al bene collettivo è al centro di un progetto molto interessante che si muove nel sociale. Lo presenta la testimonianza di Andrea Massino, fondatore della fattoria sociale Il Mascherone. Dall’idea, pioneristica per Orvieto, di riportare in vita un luogo simbolico dal sapore antico, riqualificando una zona abbandonata, l’ex Vivaio Conti zona Patarina, recuperando la sua vocazione originaria aggiungendoci idee e progetti nuovi, tra cui laboratori e tirocini dedicati a persone disabili, a bambini, o a chi vuole recuperare una manualità che si sta perdendo e che, sebbene nasca come impresa sociale senza fini di lucro, può creare occupazione. Il Mascherone, azienda agricola/fattoria sociale, ha aperto anche un bando per il servizio civile, un istituto interessante e importante per i giovani che escono dal percorso scolastico e possono, attraverso esso, imparare a muovere i primi passi nel mondo del lavoro.

Ed è di nuovo la capacità di avere la visione al futuro, il mettersi in gioco e l’attenzione alle persone a segnare questa testimonianza che si lega all’ultima, di forte impatto emotivo. La racconta un’emozionata Anna B., collegata dalle Filippine in cui sta svolgendo un periodo di volontariato. Qui Anna lavora assistendo la popolazione locale, poverissima, come noi occidentali non possiamo immaginare. “Un impatto emotivamente fortissimo – racconta Anna – da cui ho imparato che anche una carezza può fare la differenza. Qui si cerca di dare una speranza ai ragazzi, insegnandogli a creare oggetti che possono dargli speranza e magari una professione nel futuro”.

E allora, cos’è una “buona pratica”? Sono “progetti, esperienze, azioni significative che hanno incidenze nel sociale, nell’economico e che sono anche azioni politiche in quanto attivano la partecipazione di cittadini e cittadine a dare un contributo significativo al bene di molti”, ha ricordato Suor Maria Luisa. Ne è seguito un vivace dialogo e confronto tra i partecipanti che mostrano l’interesse che c’è su questi temi. “Il rammarico – ha concluso Suor Maria Luisa – è che queste iniziative non vengono divulgate, invece possono illuminare, far nascere altre idee e sviluppare quel sottosuolo sano della società civile”.

Prossimo appuntamento con Nova Civitas il 22 febbraio in cui si parlerà di “La democrazia è donna?” (https://orvietosi.it/2025/01/buone-pratiche-a-confronto-nova-civitas/)

(Valeria Cioccolo)

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