Se il buongiorno si vede dal mattino, c’è sicuramente di che essere molto preoccupati per i rapporti politici che rischiano di innescarsi tra Comune e Regione nel nuovo corso avviato con l’elezione di Stefania Proietti. La contrapposizione di queste ore, incentrata sulla ubicazione in piazza duomo della casa e dell’ospedale di comunità tra la maggioranza di centrodestra che guida il Comune e l’opposizione di sinistra che può contare adesso sulla sponda rappresentata dall’amministrazione regionale, lascia infatti intravedere una lunga stagione di attriti e liti che minacciano di rendere ancora più immobile e stagnante la vita della città.
I rischi legati alla nuova fase politica sono due, il primo è quello di una concezione “punitiva” che la Regione potrebbe adottare verso il Comune e la seconda è quella di una conflittualità costante e letale tra una destra di governo cittadino ancora più indebolita di prima e una sinistra all’opposizione, ma forte in termini di consenso e di copertura politica. Il primo rischio è che venga interrotto quel cordone ombelicale che la Regione targata Tesei aveva perlomeno alimentato, consentendo ad Orvieto di sostenere la monocultura economica incentrata sul turismo, principale marchio di fabbrica del tardanismo, ora alle prese anche con una flessione del settore pari al 10 % rispetto al 2023. Il secondo scenario, collegato alla lite perenne fra due schieramenti ugualmente forti (o ugualmente deboli), rischia di far perdere il senso delle priorità, trascinando tutti in quella che già si sta delineando come una rissa continua e paralizzante. Vedi questione piazza duomo.
Adesso è invece il momento di far prevalere la politica seria e una grande responsabilità ce l’ha il Pd che può svolgere un ruolo importante nell’aiutare Orvieto, rinunciando alla tentazione di pensare che questo significhi in automatico dare una mano a questa amministrazione comunale. E’ necessario capire cosa si debba mettere sul tavolo nel rapporto con Stefania Proietti e bisogna farlo tutti insieme, facendo prevalere il bene comune. Non c’è dubbio che si debba lavorare per far diventare la questione della Piave un tema centrale per l’Umbria, ma che sia arrivato anche il momento di dare un segnale forte sul fronte sociale oltre che sanitario.
Le priorità le ha indirettamente ribadite recentemente il direttore del distretto sanitario Massimo Marchino: residenza sanitaria assistenziale per gli anziani, un centro Alzheimer per dare risposte a centinaia di famiglia, un hospice. Non litigate sul dove farli, ma cercate di fare in modo che si possano fare. Finora abbiamo assistito all’alternarsi di ceti politici quasi sempre inadeguati, del tutto incapaci di arrestare il lento declino e accomunati dalla tendenza ad ignorare le vere priorità di Orvieto, ovvero: creazione di posti di lavoro e interventi veri per lo sviluppo economico, politiche abitative per gestire e non subire le dinamiche perverse di un mercato immobiliare che nessuno ha mai nemmeno pensato di dover orientare, interventi in campo sociale perché non si può continuare a far finta che una delle città con più anziani d’Italia non debba dotarsi di una politica (e risorse) adeguate e specifiche per guardare in faccia la realtà e agire di conseguenza.
La classe politica è chiamata ad una prova di maturità che passa innanzitutto dalla capacità di lavorare insieme. Il pericolo di fare un ulteriore giro a vuoto è fortissimo. Nutrire grandi dubbi che ciò possa davvero accadere è inevitabile, ma Orvieto è sempre più in caduta libera anche in termini demografici e l’ennesima prova di irrilevanza avrebbe conseguenze pesanti. Il senso di responsabilità dovrebbe convincere tutti a fare degli sforzi straordinari per uscire dalla ridotta delle misere logiche di bottega. A Natale è lecito anche sognare, concediamoci almeno una mezz’ora di speranza.