di Roberto Selvaggini
Il 2 novembre 2024, Orvieto si prepara a commemorare i defunti della Seconda Guerra Mondiale con una cerimonia solenne che prevede la deposizione di corone in diversi luoghi simbolo della città. Mentre l’attenzione dei cittadini di orvieto torna a concentrarsi sull’importanza di mettere in sicurezza la chiesa di San Francesco , un altro aspetto emerge, rendendo questa celebrazione ancor più triste: la presenza di una lapide commemorativa dentro la chiesa, in un luogo chiuso e dimenticato.
La chiesa di San Francesco, un tempo simbolo di devozione e comunità, ora si erge come un simbolo di incuria: le sue porte serrate e i muri fatiscenti raccontano una storia di abbandono. In un contesto in cui i cittadini si raduneranno per onorare i caduti con dignità e rispetto, resta da chiedersi: che ne sarà di coloro che non potranno ricevere un omaggio, relegati all’ombra di una chiesa inaccessibile?
Mentre i partecipanti alla cerimonia deporranno le corone in spazi accoglienti e facilmente raggiungibili, la lapide all’interno di San Francesco rimarrà priva di attenzioni e fiori. Nessuno sarà in grado di rendere omaggio a quei nomi incisi nella pietra, dimenticati non solo dai viventi, ma anche da un luogo che dovrebbe custodire la loro memoria. Si potrebbe dire che questi caduti, che hanno dato la vita per il loro paese, saranno costretti a celebrarne l’assenza di ogni riconoscimento.
L’ironia è palpabile: da un lato, celebrazioni pompose e partecipate; dall’altro, l’eco assordante del silenzio che regna all’interno di un edificio abbandonato. La chiusura della chiesa di San Francesco non è solo un problema architettonico, è un simbolo dell’indifferenza verso un pezzo importante di storia che meriterebbe di essere preservato e ricordato. Se solo il comune trovasse il modo di restaurarla, non solo si restituirebbe dignità a una parte della storia locale, ma si garantirebbe anche un luogo dove rendere omaggio ai caduti, rendendo la commemorazione il momento di riflessione e rispetto che merita.
La situazione diventa ancor più deprimente considerando che, mentre i cittadini orvietani celebrano giustamente i defunti, all’interno della chiesa di San Francesco si consuma un triste oblio. I nomi incisi sulla lapide sosterranno l’ulteriore peso di un pietoso silenzio. E così, mentre i cittadini si riuniscono per ricordare i loro eroi, l’abbondante tristezza di una chiesa chiusa diremo che accompagna l’eco dei tamburi commemorativi, un colpo di scena che non può passare inosservato.
In conclusione, questa commemorazione, pur avendo tutte le buone intenzioni, non può fare a meno di far risaltare l’abbandono di un luogo che dovrebbe essere centrale. La chiesa di San Francesco, invece di essere un pilastro della commemorazione, diventa il simbolo di una memoria che sfugge, risvegliando in noi la necessità di restituire dignità e vita a ciò che è stato dimenticato. I caduti meritano di essere ricordati, e non solo in cerimonie, ma anche nella cura e nella valorizzazione dei luoghi dove riposano i loro ricordi.