Quando il gioco si fa duro, è la squadra a fare la differenza. L’unione fa la forza.
L’Umbria è una piccola regione nel cuore d’Italia, ma si trova ad affrontare grandi sfide. Di fatto, è un’ampia area interna caratterizzata da trend preoccupanti: spopolamento, invecchiamento della popolazione e un contesto socio-economico che fatica a decollare.
Non a caso, secondo la classificazione europea, è passata da “regione sviluppata” a “regione in transizione”. Si tratta di un territorio complesso e frammentato, con molte aree, come Orvieto, che pur essendo belle e ricche di storia, restano marginali e possono essere considerate sub-aree interne.
Anche i capoluoghi di provincia, seppur straordinari per motivi diversi, non possono essere considerati grandi città né su scala nazionale né internazionale.
Per tornare ad essere una regione competitiva, sono necessarie riforme coraggiose, a partire dall’ammodernamento istituzionale e dalla razionalizzazione degli enti che erogano servizi e gestiscono finanziamenti. In passato, una politica capace di elaborare visioni, che che da tempo sembra perduta tra slogan e corporativismo, aveva individuato 12 aree omogenee su cui basare politiche sociali e di sviluppo. Questo approccio, ancora valido, deve essere aggiornato e ripreso con determinazione.
L’ammodernamento dell’assetto istituzionale di comuni e province, un processo noto nelle regioni sviluppate come “piani di riordino territoriale”, è una necessità primaria. Su queste basi possono essere costruiti servizi di qualità ed efficaci politiche di sviluppo, insieme alla razionalizzazione degli innumerevoli enti di secondo ed esimo livello.
Le Unioni dei Comuni sono uno strumento efficace, come dimostrano le esperienze di regioni come Toscana, Veneto, Lombardia, Emilia Romagna, e anche quelle umbre del Trasimeno e delle Terre del Sagrantino. Tuttavia, praticamente tutti i comuni umbri “ballano da soli”, e le politiche territoriali si frammentano, sono inefficaci. Un esempio emblematico è Orvieto: nonostante una posizione geografica privilegiata, a metà strada tra Roma e Firenze, servita da autostrada e ferrovia, storiche produzioni di eccellenze, soffre di spopolamento, un’economia che certamente non brilla e criticità socio-sanitarie, collegamenti con Roma e Firenze ancora lontane dall’essere risolte, nonostante l’attenzione della Regione.
L’Unione dei Comuni potrebbe permettere a Orvieto di diventare un capoluogo di territorio, coordinando le politiche di un’area che coinvolgerebbe circa 40.000 abitanti, o persino 60.000, se si considera il suo ruolo di capofila dell’Area Interna Sud-Ovest Orvietano, con un grande ruolo politico a livello regionale. Come dimostrato in altre regioni italiane ed europee, ad esempio con i distretti francesi, i benefici ricadrebbero sui capoluoghi, sui comuni circostanti e, soprattutto, sui cittadini.
Lo stesso vale per Orvieto e per tutti i comuni umbri.
Le politiche e le riforme degli ultimi 30 anni in Italia, tutte condizionate da un deficit pubblico peraltro sempre più elevato, hanno mostrato i loro limiti, soprattutto considerando le peculiarità del nostro Paese. Questo è evidente in settori come la sanità, ma anche base a in molti altri indicatori europei che misurano il benessere delle nazioni e mostrano un’Italia in grande affanno.
Nonostante le particolarità del contesto italiano, le riforme sono state dominate dai numeri. Un esempio emblematico è la riforma sanitaria, basata sul numero degli abitanti piuttosto che sulle peculiarità territoriali e demografiche. Lo stesso discorso vale per una riforma importante come quella delle città metropolitane, il cui obiettivo è migliorare l’efficienza dei servizi pubblici, potenziare le infrastrutture, coordinare le politiche di sviluppo urbano e territoriale e ridurre il divario tra aree centrali e periferiche.
Non si comprende perché in Italia debbano esserci solo 14 città metropolitane, né perché il Paese debba essere un mosaico istituzionale così frammentato. La Legge n. 56 del 7 aprile 2014 (la “Legge Delrio”) non stabilisce un numero minimo di abitanti per la creazione delle città metropolitane, quindi non si capisce perché tutte le province italiane non possano beneficiare di questo ammodernamento. Anche Perugia e Terni, considerando le peculiarità dell’Umbria, dovrebbero essere sottoposte all’attenzione del Governo per diventare città metropolitane. E’ necessaria una razionale e rappresentativa integrazione dei territori ad ogni livello per un’Umbria che torni grande.
Un grande leader politico, Bettino Craxi, scriveva già alla fine degli anni ’70, in un momento di feconda elaborazione del riformismo italiano, che la crisi dello Stato ad ogni livello stava accelerando la crisi economico-sociale. Quelle parole erano vere allora e, purtroppo, restano attuali dopo decenni. È tempo di riformare l’Umbria e contribuire al cambiamento dell’Italia.
Gian Luigi Maravalle, candidato indipendente nella lista di Forza Italia