di Claudio Lattanzi
L’auspicio è che, almeno questa volta, la nuova Assemblea Regionale possa vedere tra i suoi membri anche un rappresentante dell’Orvietano, ma non sarà facile. L’apparente assurdità di una legge elettorale che fa coincidere l’unico collegio elettorale con l’intero territorio regionale risponde infatti ad una logica accentratrice evidente che è quella di favorire la rappresentanza delle città maggiori a discapito dei centri più piccoli come dimostra l’attuale composizione dell’aula da cui sono esclusi anche consiglieri della quinta e della sesta città umbra come Spoleto e Gubbio, rispettivamente con 16.000 e 10.000 abitanti in più di Orvieto.
Auspicando che questo mezzo miracolo politico possa avvenire, è comunque importante mettere a fuoco il rapporto che la città dovrà instaurare con il futuro governo regionale, proponendo anche un bilancio di quello che si è incardinato in questi anni con l’esecutivo di Donatella Tesei.
Il rapporto con la Regione ha funzionato bene sulla direttrice che l’amministrazione comunale in carica continua pervicacemente a ritenere l’unica opzione strategica per il futuro di Orvieto che è il turismo, ma non ha inciso sulle questioni più strutturali.
Ottenimento e gestione dei fondi per la promozione turistica hanno costituito senz’altro un fiore all’occhiello per il Comune che non ha però colto l’occasione di intercettare i fondi del Pnrr da destinare a qualche progetto veramente caratterizzante per iniziare a remare contro l’incessante e costante declino economico e demografico.
Tralasciando il controverso e discutibilissimo progetto di usare l’ex Ospedale per realizzarvi i futuri ospedale e casa di comunità, la novità è stata rappresentata dal Centro per le Politiche Sociali di Orvieto Scalo. Scaturito dalla mente dell’ex assessore Angela Sartini, il progetto suscita più di una perplessità. Primo perchè non si capisce a cosa serva, secondo perchè appare davvero paradossale realizzare una nuova struttura in una città che ha un problema enorme di grandi e prestigiosi immobili vuoti ed abbandonati e, perdipiù, farlo anche nell’unico piccolo polmone verde di un quartiere strangolato da traffico e rumore.
Il futuro. Guardiamo comunque avanti, confidando nel domani. Su cosa impegnare dunque la relazione con la prossima Giunta umbra? Questione Piave, trasporti, sanità e welfare sono le priorità. Dopo quasi un quarto di secolo, è ormai evidente che noi orvietani non riusciremo mai a cavare da soli un ragno dal buco con l’ex caserma, prendiamone atto. Quello che serve è impegnare la Regione in un progetto ambizioso che ricalchi l’impegno e lo sforzo messo in atto a suo tempo con l’operazione Nuova Monteluce a Perugia. La Regione deve assumerlo come impegno proprio. Orvieto deve chiarirsi le idee sulle destinazioni d’uso e indicarle. Questo va fatto subito. Il concetto di fondo è quello di usare l’immobile per una serie di attività economiche, funzioni abitative e di servizi, ma anche di possibili grandi insediamenti commerciali per evitare un futuro svuotamento del centro come è avvenuto in maniera irreversibile a Terni, Viterbo, Perugia.
Sul rafforzamento dell’ospedale inutile aggiungere altro, ma la questione sociale deve essere posta con forza perchè Orvieto è uno dei territori comunali più vecchi d’Italia. Centinaia di famiglie hanno un bisogno straordinario di poter contare su almeno una grande residenza sanitaria assistenziale e non solo sulle residenze protette dei privati convenzionati con la Asl o sull’insufficente Piccolomini. È anche sorprendente che il dibattito nelle istituzioni locali non abbia mai affrontato un argomento come questo che incide così profondamenente nella vita e nella carne di tantissime persone.
È necessario trovare la forza politica di imporre sul tavolo regionale questo tema che costituisce una vera emergenza sociale, ma che può avere anche un grande significato in termini occupazionali. L’altro punto su cui impegnare grande energia è quello del trasporto ferroviario, soprattutto su Roma e in abbinamento ad una visione dell’Urbanistica che sia in grado di immaginare una crescita demografica da perseguire con la motivazione di chi deve sopravvivere. Grandi impegni, ma fondamentali per cercare di far finalmente uscire Orvieto da quel vicolo cieco in cui è stretta da decenni.