Dopo l’iniziale fiammata di articoli e commenti, è sceso il silenzio sulla sorte della Cassa di Risparmio di Orvieto e sul ruolo della Fondazione nella vicenda. Solo i sindacati si sono espressi per richiedere un incontro alla presidente della Regione Umbria, alla sindaca di Orvieto e al presidente della Fondazione CRO. Ma è ora il momento di riprendere il discorso e capire cosa Regione, Comune e – soprattutto Fondazione – hanno intenzione di fare perché sta per scadere il tempo rimasto per proteggere gli interessi della comunità orvietana e della Fondazione stessa.
Come riportato da più fonti, MCC vuole chiudere nelle prossime settimane. Cinque banche potenzialmente interessate all’acquisto (Credito Emiliano, Banca Sella, Credit Agricole, Banca del Fucino e Banco Desio): le ultime due in pole position. L’accelerazione della vendita di CRO da parte di Mediobanca è anche determinata dalle difficoltà nella vendita di Monte dei Paschi di Siena. Insomma, la Cassa di Risparmio di Orvieto è solo il piccolo boccone che si può facilmente collocare senza grande attenzione alle condizioni in cui si farà. Tanti hanno scritto cercando di minimizzare le conseguenze di una vendita di CRO, rifacendosi anche a ridicole questioni pseudo-economiche e finanziarie, o questionando dettagli invece di sostanze.
Ma c’è tanto in gioco! Vediamo cosa:
- Il valore economico e finanziario della Fondazione CRO
Mentre le altre fondazioni bancarie hanno registrato risultati eccezionali in questi anni, grazie alla crescita di valore e dividendi delle relative banche di riferimento, la nostra Fondazione ha perso valore e capacità di finanziamento, interamente a causa delle vicende interne alla CRO. Ad oggi il valore a bilancio delle sue partecipazioni in CRO è sotto i 10 milioni di euro, ma era il doppio 10 anni fa! A causa della mancata distribuzione di dividendi per 8 anni, la Fondazione ha avuto un crollo nella sua possibilità di erogazione sul territorio, passata da quasi 1,5 milioni di euro a circa 500 mila nel 2023. In altre parole, la comunità orvietana ha perso quasi un milione di contributi all’anno per il finanziamento delle sue attività sociali, sportive, culturali e artistiche. Cosa e come la Fondazione chiederà affinché i suoi interessi vengano protetti nel momento della vendita?
- Professionalità, posti di lavoro e sportelli
Ciò che il Sindacato nel suo comunicato chiede è il sostegno nella difesa di questi aspetti e quindi nella definizione dei criteri di scelta del futuro proprietario. Si tratterà di una vendita completa o la Fondazione manterrà la sua presenza in CRO? In entrambi i casi, quale sarà il piano industriale che porterà valore non solo all’acquirente, ma anche a questo territorio? Efficienze di costi con chiusure di sportelli e servizi, o crescita ed espansione? Verranno mantenuti o meno l’ufficio centrale, il nome e la governance di CRO? Tutto ciò non avverrà per caso, ma solo a fronte di una decisa difesa da parte delle autorità locali e della Fondazione in quanto socio di minoranza. Per chi sostiene che tutto ciò sia una battaglia persa, guardate la forza con cui il Sindacato tedesco dei bancari si sta opponendo al piano di crescita di azionariato di Unicredit in Commerzbank al 9%!
- Credito e promozione del territorio.
La CRO, in quanto parte del Mediocredito, rientrava nella missione di “accrescere la competitività del territorio attraverso il finanziamento delle piccole e medie imprese, la promozione e il sostegno degli interventi strutturali e la finanza complementare agli incentivi pubblici”. Questa è la mission di MCC, derivante dalla sua essenza di banca di emanazione pubblica. Questo non sarà il caso della futura banca acquirente, quindi appare doveroso chiedere chiarezza sulle loro intenzioni di politica del credito nel territorio, sul piano di sviluppo, nonché pretendere che la vendita avvenga a determinate condizioni. Avere assicurazioni sul mantenimento delle professionalità di CRO e dei posti di lavoro è un segno delle vere intenzioni del futuro acquirente. E’ stupefacente sentire le recenti dichiarazioni di Tesei e Tardani dopo l’incontro con i vertici della banca dove si dice che “l’interesse dimostrato da più soggetti all’acquisto della CRO sia segno della sua solidità” perché indica una mancanza di comprensione del problema. Il rilancio di CRO è stato pagato anche con i nostri soldi attraverso la Fondazione e con il lavoro dei suoi dirigenti e lavoratori. CRO è tornata in utile ma non ha distribuito dividendi affossando le possibilità di erogazione della Fondazione; si è tenuta in pancia i soldi insieme alla ricchezza dei depositi degli orvietani mentre non ha fatto fronte alle perdite dei risparmiatori orvietani e umbri truffati dalla Banca di Bari. Non c’è ombra di dubbio che l’acquisto sia un buon affare e proprio per questo motivo possiamo e dobbiamo chiedere che ci siano dei vantaggi anche per noi, per la Fondazione, per la comunità e il territorio.
Insomma, il tempo sta scadendo. La Fondazione Cassa di Risparmio, in primis, ha un’enorme responsabilità nel determinare le scelte future sulla CRO e il suo destino. Ha anche il diritto e il dovere di puntare i piedi come socio di minoranza, danneggiato dalla gestione degli ultimi anni (assenza di dividendi, richiesta di aumento eccessivo di capitale, rischio di ulteriore perdita di valore). Speriamo che non perda questa opportunità. Il Sindacato fa bene a chiedere il sostegno delle istituzioni. Comune e Regione dovrebbero aiutare ed evitare proclami inutili, ma chiedere e ottenere garanzie di difesa sul ruolo che la banca giocherà in futuro. Oppure tacere e rassegnarsi. Intanto noi aspettiamo fiduciosi…
Roberta Palazzetti,
capogruppo di Proposta Civica per Orvieto