Restituiti allo Stato italiano, in virtù delle disposizioni di legge che disciplinano il ritrovamento e l’illecito possesso di beni culturali di natura archeologica (art. 91 D.Lgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), 28 manufatti recuperati dai Carabinieri dell’Arte in seguito alla segnalazione effettuata da un privato cittadino che li aveva trovati riordinando gli effetti personali del defunto padre.
La vicenda ha consentito ai militari del Nucleo Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale di Perugia di eseguire in favore della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, quale ufficio territoriale periferico del Ministero della Cultura, il provvedimento di confisca emesso dall’Autorità Giudiziaria di Terni. A seguito della spontanea comunicazione inviata alla Soprintendenza umbra da parte di un cittadino di Terni si accertava che lo stesso, riordinando gli effetti personali del defunto padre, aveva avuto la sorpresa di trovare all’interno di una cassa posta nella cantina di casa un piccolo “tesoro archeologico” del quale nessuno dei familiari aveva contezza.
Intuendo l’interesse storico degli oggetti, ha immediatamente avvertito, come prevede la legge in materia di ritrovamenti archeologici, le Autorità competenti, ovvero la Soprintendenza di Perugia la quale ha immediatamente informato i “Carabinieri dell’Arte”, lo specializzato Reparto dell’Arma deputato alla tutela del patrimonio culturale. Le competenze investigative dei Carabinieri TPC messe in atto al fine di accertare la provenienza dei beni culturali, spesso provenienti da scavi illeciti per essere commercializzati, oppure detenuti senza “valido titolo di possesso” in violazione delle disposizioni di legge.
All’esito delle verifiche svolte dai Carabinieri – effettuate anche attraverso la consultazione della “Banca Dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, il database gestito dal Comando Carabinieri TPC che conserva immagini e descrizioni di milioni di oggetti d’arte trafugati – veniva accertato che, nonostante i manufatti non fossero censiti come beni da ricercare, in difetto di valida e inequivocabile documentazione comprovante la lecita detenzione (in questo caso sia da parte dell’erede che del defunto padre), per la legge gli oggetti di valenza archeologica, anche se frutto di ritrovamento fortuito, sono da considerarsi proprietà dello Stato e, di conseguenza, facenti parte del patrimonio culturale indisponibile.
La rilevanza storica dei 28 manufatti è stata confermata dagli esperti archeologi del Mic che hanno censito gli oggetti tra bronzei e ceramici di arte etrusco-meridionale, etrusco-corinzia ed etrusco- falisca, la cui produzione è stata collocata in un arco cronologico compreso tra VIII – III secolo a.C. Il valore economico complessivo, che prescinde in modo sostanziale da quello storico-artistico in quanto “testimonianza culturale”, è stato quantificato in circa 30.000 euro. La restituzione al patrimonio pubblico di questi “frammenti di storia”, come già avvenuto per tante altre importanti testimonianze del passato, oltre a confermare l’impegno che qualifica la peculiare attività svolta dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale nella ricerca e recupero di oggetti d’arte, riporta alla fruizione collettiva oggetti che narrano la storia identitaria del nostro Paese, nel presupposto di diffondere e far comprendere i principi di legalità che sono alla base del rispetto e della salvaguardia del bene comune.