“Quando parliamo della Cassa di Risparmio di Orvieto, dobbiamo riconoscere una verità che molti conoscevano da tempo: questa banca era solo di passaggio al Mediocredito Centrale. La questione non era se sarebbe stata venduta, ma a chi e quando. Ora, con l’ipotesi di vendita al Banco Desio della famiglia Gavazzi-Lado, possiamo dire che non è certo lo scenario peggiore.
Il Banco Desio ha già una solida presenza in Italia centrale, con oltre cento filiali dopo l’acquisto della Popolare di Spoleto, e potrebbe cosi consolidarsi ulteriormente come un gruppo di tutto rispetto. Questo però ci porta a capire meglio perché la Fondazione Cro non ha partecipato all’aumento di capitale della Spa. Se quel capitale fosse stato sottoscritto, sarebbe finito nelle mani di un nuovo soggetto del quale sapevamo ben poco.
Adesso, con il 15% delle azioni rimaste ad Orvieto, si pone la questione se e quanto queste quote saranno ulteriormente diluite. Ma la realtà è che non ci sono le risorse necessarie per un rilanciare. Questo fatto è a tutti noto! La partita è persa da tempo. Tuttavia, ciò che conta ora è porre (e non porsi) le giuste domande. Non basta continuare a girare intorno al problema o attaccare l’amministrazione comunale per una irrilevanza che, per più della metà degli orvietani, più che presunta sembra ormai fatto certo.
Il problema reale, di cui coraggiosamente bisogna prendere atto, e che questo non è un problema di oggi, ma risale a quando, nelle mani dei baresi, si giocò una battaglia interna tra i rappresentanti della Cro nel Consiglio di Amministrazione della Spa e quelli della Fondazione. Dobbiamo esigere trasparenza e responsabilità.
Vogliamo sapere chi ha svenduto la partecipazione della Fondazione nella Spa e chi ha tradito la fiducia della comunità. Non possiamo permetterci di restare fermi mentre la nostra città scivola sempre più in basso. Non possiamo arrenderci alla governance di chi sembra lavorare scientemente per una città di Serie B persa nel culto di una orvietanità che è più estetica che programmatica. Quando vedremo i risultati economici, soprattutto in termini di infrastrutture e turismo, capiremo chi aveva ragione. Lo sviluppo non si fa con i post su Facebook; non si fa con i sorrisi, ma si fa con azioni concrete e visione e programmazione a lungo termine che riportano la Città a discutere dei suoi asset fondamentali e del suo ruolo strategico in Umbria e nell’Italia di mezzo.
Bisogna rafforzare il fronte di chi è alternativo a chi è capace solo di far retrocedere la nostra Orvieto chiudendo gli occhi complici di fronte ad una sanità smantellata, una città impoverita e che, come la stessa Sindaca per sua ammissione, ha smesso di sognare. È giunto il momento di guardare al futuro con determinazione e chiarezza. Per rialzare la testa e riprenderci la centralità che spetta alla città, dobbiamo investire nelle persone e nelle idee.
Il futuro di Orvieto non può essere costruito solo sulle promesse di sviluppo infrastrutturale o sulla difesa di vecchi interessi, ma deve fondarsi su un nuovo modello di servizi alla persona, che metta al centro il benessere dei cittadini e l’accesso equo alla salute, all’educazione e all’innovazione.
È tempo di puntare sull’economia della conoscenza e della sostenibilità, di fare di Orvieto un laboratorio di idee nuove che sappiano coniugare tradizione e modernità. Le nostre risorse intellettuali e naturali devono essere messe in rete perché ora non c’è più tempo. Intanto attendiamo risposte alle nostre domande sulla cro senza continuare a prendere in giro gli orvietani.
Partito Democratico Orvieto
Mi piace:
Mi piace Caricamento...
Correlati