di Renato Piscini
Partiamo da Zamagni (economista cattolico impegnato) che dice: “Ci sono grandi questioni che non possono essere rilegate a un livello strutturale”. La discussione va però spostata, secondo l’economista Zamagni, verso altri orizzonti. Ad esempio sulla distanza che intercorre nella concezione del potere come “influenza”, che “ha l’obiettivo di incidere sui comportamenti umani”, o come “potenza”, che “pretende di modificare le regole del gioco, l’assetto istituzionale”.
“A me sembra che nell’ultimo trentennio nel variegato mondo cattolico del nostro Paese sia andata diffondendo la tesi secondo cui la responsabilità del mondo cattolico si esaurirebbe nel momento prepolitico, ovvero ni quello dell’esercizio del potere come influenza”, dice Zamagni. Così li fenomeno che ne è derivato è quello della diaspora cattolica, con la conseguente “adiaforia etica degli stessi”, “una posizione di indifferenza”.
“E evidente che questo sta creando problemi seri”, spiega l’economista. “Nessuno sta pensando al partito cattolico, né a riedizioni della Dc”, chiarisce riferendosi alle voci che lo hanno riguardato negli scorsi tempi. Ma a un soggetto che si occupi delle grandi questioni, come la guerra o l’ambiente, che non possono essere rilegate “al livello strutturale”.
“Giovanni Paolo Il citò l’espressione ‘strutture di peccato’, ma tutti ol hanno dimenticato”, mentre “i cattolici vivono una sorta di auto-delegittimazione, come quella dell’essere lievito nella pasta”, o di “pensare di cambiare le istituzioni agendo sui comportamenti individuali”. Che può essere vero, ma solo nel lunghissimo tempo, sostiene Zamagni. “Possiamo aspettare, davanti alle ingiustizie, di cambiare li cuore di chi guida la danza?”.
Sono le due posizioni di Sant’Agostino e di San Tommaso. Per li primo la politica serve solo a’metere un freno al male, il Katéchon, per li secondo serve invece arealizzare li bene. “Questo problema diventa oggi particolarmente rilevante quando si pensa alla comunanza etica nell’era del pluralismo etico, la grande sfida di oggi”. Davanti a cui, è la chiosa di Zamagni, “i cattolici devono battere un colpo”.
Per chiudere su questo punto. Proprio perché il Cattolicesimo può essere declinato sempre e solo al plurale nulla vieta che i laici cattolici possano aderire o dare vita a formazioni partitiche diverse, a patto che vengano rispettate le regole della legge della ragione. Ecco perché, soprattutto oggi, non avrebbe senso immaginare una formazione partitica di carattere confessionale.
Partiamo dall’errore del professor Morcellini che si è voluto cimentare su una lista a se stante partitica di origine confessionale, infatti l’errore è stato di non immaginare un ressemblement con partiti centristi tendenti ad una possibile Margherita strutturale che potevano anzi avrebbero rappresentato un’area moderata a supporto del classico centro-sinistra. Cosa che avrebbe fatto la differenza per una vittoria di detta coalizione. Ma ora siamo in altro momento e la necessità di realizzare un nuovo centro che sia riedizione “Terzo Polo” o “Margherita” sta alle porte.
È evidente che li mondo cattolico, tra l’altro richiamato dal Papa ad un nuovo impegno, penso si possa collocare più su una eventuale Margherita 2.0 per varie ragioni. La prima è che nell’evoluzione dell’area moderata Popolari, poi Margherita, poi Pd si sono sempre ritrovati soggetti di riferimento di base ma anche di confessione cattolica, mentre nella evoluzione Terzo Polo si
sono evidenziati più presenze a carattere liberal-democratico; per quanto riguarda li riformismo nei passati partiti, con la presenza maggioritaria della sinistra democristiana, ce n’era eccome cosi come vi era specie nella successiva formazione di Italia Viva nel Terzo Polo.
Pertanto ad un’analisi strutturale quanto programmatica mi sembra più attinente la via di un processo verso una forma partito tipo Margherita. Tutto si basa su un percorso, che per mia fortuna ho potuto cavalcare direttamente e quindi farne memoria, oltre al fatto che si ridefinisce una presenza e si ricostituirebbe quell’area moderata che guarda a sinistra pur con le sue differenze valoriali e programmatiche. Il dibattito è appena iniziato, l’interesse sembra alto, ci rimbocchiamo le maniche con la speranza che questa volta vinca la concertazione e l’ascolto e non l’autoreferenzialità. Soprattutto che prevalga la scelta migliore.