di Felice Roberto Danielli
Il Catasto Piano Gregoriano, il primo catasto generale geometrico particellare dello Stato Pontificio, detto anche Vecchio Catasto per distinguerlo dal nuovo emanato dal 1939 ed ancora vigente, viene promosso nel 1816 da papa Pio VII e completato nel 1835 durante il papato di Gregorio XVI. Il catasto, attivato da papa Gregorio XVI, da cui prende il nome, è costituito dal seguente materiale documentario: mappe in scale 1:2000; mappette in scala ridotta da 1:4000 e 1:8000; registri dei proprietari detti Brogliardi o Sommarioni, simili agli attuali registri catastali.
La Mappa generale del territorio dominato da Orvieto divideva le aree più grandi in 85 Mappette, 5 delle quali (Allerona, Sant’Abbondio, Banditella, Bandita del Monte e Montagna) appartenevano al territorio del Castello di Allerona, mentre Meana e San Pietro, attualmente compresi nel territorio del comune di Allerona, erano stati all’epoca appodiati rispettivamente ai comuni di Ficulle e a Fabro.
Ogni mappetta prendeva il nome della località più importante al suo interno e aveva il suo brogliardo allegato con l’elenco dei proprietari. Ogni mappetta era suddivisa in rettangoli uguali per dimensioni e rappresentava un territorio pari a circa 1500 ha circa. Le ragioni di questa mia ricerca nascono dalla necessità di riportare alla luce informazioni che si sono perse nel tempo, come per esempio la Bandita Del Monte e la Montagna.
La tenuta di Meana acquistata dal Vescovo di Orvieto nel 1273 e trasferita alla Mensa Vescovile, era stata acquistata dai discendenti dei feudatari Farolfingi di origine longobarda da sempre invisi agli ecclesiastici. L’atto stipulato con il patrizio orvietano Matteo Pandolfi che sposò una figlia di Pepone dei Farolfingi che aveva portato la tenuta come dote matrimoniale.
Negli anni 1000 quando Orvieto con i Monaldeschi, sostenuti e sobillati dallo Stato Pontificio attuano le misure espansionistiche, il primo territorio conquistato a nord, oltrepassato il fiume Paglia, è stato la Pieve di San Giovanni con il Castello di Monte Plagario. Già nell’atto d’acquisto il vescovo e gli estensori dell’atto danno il nuovo nome alla località precedentemente detta Mezana, (perché terra di mezzo tra il fiume Paglia e il Fosso Rupuglie) tolgono la zeta e cambiano il nome in Meana omettendo di citare La Pieve e il castello Plagario.
E per il Vescovo è proprio il caso di citare Dante Alighieri “Solo tu che per cancellare scrivi”. Sopra i resti della chiesa della Pieve di San Giovanni riedificano una chiesa che viene intitolata a San Nicola primo seguace di San Giovanni.
Ad oggi, nonostante molti studiosi abbiano consultato l’Archivio Vescovile, non è stata resa nota la data e la decisione presa da tutta la nomenclatura ecclesiastica (Mensa Vescovile, Vescovo, Camera Apostolica, Congregazione del buon Governo e Sigillo del Papa re) di appodiare (trasferire il territorio da un comune ad un altro) Meana al comune di Ficulle come risarcimento sulla vicenda dei Conti Bovacciani Signori di Ficulle.
Per coprire quest’esproprio al castello di Lerona fanno circolare che tutto è dovuto alle lotte comunali del 1600. Niente di più falso: dalle cronache dell’epoca non risultano contenziosi tra il castello di Ficulle e quello di Lerona e Meana non è posta a confine tra i due comuni. Con questo trasferimento viene creata un’enclave e/o exclave, perché confinante anche con la regione Lazio e con il territorio del castello di Lerona e quindi non è una disputa sui confini.
Il castello di Lerona, dall’inizio del 1300 era stato dotato di autonomia con il proprio statuto ed il suo territorio che comprendeva sia la tenuta di Meana che la tenuta di San Pietro Acquaeortus. Solo nel 1884 Meana ritorna al legittimo proprietario territoriale, quando il comune di Allerona deve cedere al comune di Ficulle 4 poderi ed una parte di territorio a confine oltre il fosso Ritorto per riavere quello che aveva da sempre posseduto come giurisdizione.
Anche la tenuta di San Pietro Acquaeortus nel 1835 non faceva più parte del territorio di Allerona era stata appodiata al comune di Fabro sempre sotto le autorizzazioni della nomenclatura dello Stato Pontificio che amavano particolarmente il comune di Allerona con tutta la sua storia. Quando nel 1118 i Conti Farolfingi vendono la tenuta di San Pietro Acquaeortus ai monaci, nell’atto di vendita vengono descritti i confini e il castello di Fabro è il confine ad est della tenuta.
Nel 1733 i Marchesi Antinori acquistano la tenuta di San Pietro Acquaeortus e nel 1745 il feudo di Fabro viene ereditato dagli stessi Marchesi Antinori che subito chiedono di appodiare la tenuta di San Pietro Acquaeortus a Fabro che verrà autorizzata dalle autorità Pontificie competenti creando un’altra enclave nel territorio di Allerona e/o exclave perché confinante con le regioni Lazio e Toscana. Le enclavi erano una specialità dello Stato Pontificio (vedi Salci, comune di Città della Pieve, compreso nel territorio di Fabro).
Soltanto nel 1935 per decisione di un Commissario Prefettizio che sostituiva i sindaci dei comuni di Allerona e Fabro, per restituire un territorio che da sempre era appartenuto ad Allerona, ha concesso al comune di Fabro 10 poderi confinanti oltre il Fosso Ritorto ed appartenenti al comune di Allerona.
E tra i territori dei Farolfingi, conti comitali di Orvieto e Chiusi e feudatari anche del territorio del castello di Lerona, c’era anche Monte Rufeno e Trevinano. La foresta di Meana e Monte Rufeno era una unica bandita con i confini definiti dal fiume Paglia e dal fosso dell’Elvella. La conferma c’è in un atto di donazione del 1107 fatto dalla contessa Willa dei Farolfingi alla chiesa di San Sebastiano del castello di Monte Rufeno. Dopo la sconfitta dei Farolfingi/Filippeschi del 1313 il territorio viene dominato da Orvieto con i Monaldeschi a cui questo territorio non interessava particolarmente, mentre interessava Acquapendente, da sempre fedele allo Stato Pontificio.
Tanto si briga che nel 1406 per la prima volta Acquapendente vince la guerra contro Orvieto con l’aiuto dei Visconti di Campiglia pretendendo come bottino di guerra Monte Rufeno e Trevinano che diventano territorio di Acquapendente. I Visconti di Campiglia, come bottino di guerra pretesero un terzo del Castello di Trevinano e la proprietà senza la giurisdizione di una parte del territorio della Montagna la cui proprietà dei discendenti è durata fino alla vendita del 1800.
Acquapendente era un medio castello con un piccolo esercito e Campiglia era ancora più piccolo con i Visconti discendenti di un ramo degli Aldobrandeschi che gli dava fama. Orvieto era in piena espansione con un grande esercito garantito da tutti i castelli dei territori conquistati, se il territorio di Allerona fosse stato ancora sotto il dominio dei Farolfingi/Filippeschi, questi eventi non si sarebbero concretizzati.
Su questa vicenda nutro dubbi su probabili manipolazioni ordite per tagliare definitivamente circa 3500 ha al castello di Lerona a favore del castello di Acquapendente. Ringrazio l’Archivio di Stato di Orvieto ed il suo personale per avermi dato la possibilità di consultare la digitalizzazione del Catasto.