di Roberto Conticelli
Gigi Pelliccia è diventato etere, si è fatto antenna e viaggia a onde medie al di sopra delle banalità del mondo. Il buon Dio o chi per lui lo metterà accanto a Che Guevara, perché pure il nostro Gigi è stato un rivoluzionario. Infatti ha saputo infrangere il bigottismo nostrano dapprima con una radio libera – Torre Vetus – e avviando tra i primi in Italia un filone, quello delle notizie e della musica, che allora veniva finalmente sdoganato dai lacci e dai lacciuoli dei controlli politici, quindi buttandosi sulla televisione quando ancora il Berlusca meneghino, poi suo emulo, faceva il muratore di lusso a Milano 2.
Gigi da Casa Perazza è stato un precursore, una di quelle figure che transitano una volta soltanto per il mondo nell’arco di un’intera generazione, un visionario dell’immagine e della parola, un appassionato cronista dei fatti minuti e delle grandi storie, un uomo-telecamera dal talento smisurato e dunque capace di descrivere la sagra della cipolla nel più sperduto paesino del comprensorio con la stessa professionalità impiegata per intervistare il Capo dello Stato. L’ultima volta che l’ho visto, qualche mese fa a casa del figlio, l’ho intervistato. E lui ha ricordato circostanze, episodi e personaggi con la puntualità del cronista avveduto, perché il suo taccuino degli appunti era il cervello filtrato dallo sguardo limpido del suo essere una persona seria. Un cervello veloce e libero da condizionamenti, che ha sempre ragionato in maniera autonoma oltre le sciocche convenzioni del nostro presente.
Ha spaziato a lungo tra Umbria e Lazio e lo potevi incontrare a Bolsena come a Spoleto, e infatti dopo l’intervista – ed è l’immagine finale che ho di lui – l’ho visto collocare la macchina da ripresa nel portabagagli e partire col suo scoppiettante furgoncino alla volta di Onano, o forse Parrano o magari Sarnano, a riprendere l’ennesima festa paesana che, naturalmente, non avrebbe preso il via in sua assenza. Un cronista di razza degno erede di un altro grande Gigi di casa nostra – Barzini senior – e adesso che non c’è più sono pentito di non aver fatto carte false quando, durante il mio impegno all’Ordine dei Giornalisti dell’Umbria, avrei potuto iscriverlo a chiare lettere nell’elenco ufficiale della categoria. Certo, superando d’un balzo regole e procedure avrei commesso un illecito e sarei giustamente incappato in chissà quale conseguenza, ma il nome del nostro Gigi non avrebbe affatto sfigurato nel novero dei cronisti conclamati. Anzi, il suo essere giornalista senza macchia e senza paura avrebbe fatto arrossire di vergogna più di un collega poco abituato a consumare le suole per rincorrere le notizie.
Ora che Pelliccia è impegnato a filmare il Paradiso così come riprendeva le masticanti fauci degli aspiranti vip orvietani intenti a strafugarsi alla cena di questo o quel club altolocato, qualcuno qui sulla terra dovrà ricordarlo pubblicamente per quanto ha saputo fare da maestro indiscusso della comunicazione. Ma temo che le ‘capocce’ nostrane, annebbiate dai fumi di una campagna elettorale mai così becera, non sappiano viaggiare sulla stessa frequenza di Gigi e magari facciano prevalere tutt’altre logiche rispetto alla sacrosanta considerazione che si dovrebbe alla sua persona, faticando assai a sintonizzarsi sul suo canale libero, coraggioso, non paludato e verace. Mi auguro, tuttavia, di essere smentito. Ciao Gigi, se ti è possibile fatti prestare un telefono da Meucci e chiamami ancora ad ogni ora del giorno o della notte, come hai sempre fatto da quarant’anni a questa parte. Ti aspetto. Alla famiglia giungano le condoglianze e l’abbraccio fraterno della redazione di Orvietosi