di Fausto Ermini
Cero. La struttura, opera come tante altre di raffinato irripetibile artigianato artistico, è concepita e realizzata per contenere un cero largo una trentina di centimetri e alto un paio di metri; questo è composto da circoli concentrici di vere candele a lunghezza progressivamente decrescente, ad iniziare da quella centrale. E’ notevole pertanto la differenza di peso con i ceri dei quartieri all’interno vuoti, portati a mano da un singolo valletto. La struttura è fisicamente composta da una parte superiore in metallo pieno, non tubolare, inserita su una barella in legno massello rivestita in velluto guarnito da borchie.
La struttura superiore è opera dell’artigiano/artista Marcello Conticelli, autore peraltro di gran parte dei lavori in metallo del corteo storico ideati e diretti dalla storica indimenticabile “regista” per decenni prof. Lea Pacini. Il circolo metallico più basso riporta discretamente nella parte posteriore la data 1969 nonché il nome di Conticelli, ma con una singolare umilissima particolarità. Vengono infatti esplicitamente citati gli allievi INAPLI dove l’artista probabilmente insegnava e che avranno di sicuro in qualche modo collaborato alla esecuzione materiale. Ogni stanga per il trasporto è provvista di una piccola spalliera semicurva sempre in legno ma ulteriormente imbottita per attutire il peso. Anche i costumi blu e rossi presentano tuttavia un cuscinetto imbottito poco visibile ma prezioso, cucito su ogni spalla. La spalliera semicurva lunga una ventina di cm. consente una leggera mobilità in avanti o all’indietro per adattarsi alla spalla e soprattutto alle proprie necessità del momento.Simbologie araldiche. Il cero è guarnito anteriormente dallo stemma comunale a colori dipinto a mano su supporto semicircolare. Viene fissato con un fiocco rosso sul gruppo di candele. Le raffinate decorazioni in ferro battuto della parte superiore sostengono a ogni angolo un tondo raffigurante uno dei quattro simboli comunali metallici disposti obliquamente. I medesimi simboli comunali, croce, aquila, leone, oca, guarniscono in linea ortogonale la barella in legno con piccoli 4 drappi ricamati. Il drappo con la croce è quello posizionato avanti.
Offerta in Duomo. A similitudine peraltro di quanto avveniva in analoghe città medioevali, la tradizione ricorda l’offerta da parte del Comune di candele in Duomo. Fino a qualche anno fa si è tentato a fasi alterne di perpetuare la tradizione dell’offerta materiale del cero al Duomo. Però entrare in Duomo ed estrarre il cero inserendolo poi dentro un supporto in ferro battuto era suggestivo ma molto difficoltoso. Il cero andava pressochè materialmente “smontato” eliminando tutti i supporti non visibili di gommapiuma che bloccano con fermezza le candele senza danneggiarle nel contatto con i due circoli di metallo. L’operazione descritta sopra di “smontaggio” da effettuare in fondo al Duomo nei pressi dell’altare, oltre che non semplice andava compiuta peraltro in tempi relativamente brevi. Dovevamo rientrare nel corteo possibilmente prima che sulla piazza sfilasse la milizia, e in ogni caso prima che terminasse il corteo storico. Quasi ogni anno si rischiava per la fretta di rigare lo stemma di Orvieto dipinto. Qualche volta è successo, con la conseguenza poi di dover restaurare con difficoltà l’oca o il leone. Trovare inoltre le candele di quella lunghezza e dimensione per ricostruire tutto era ogni anno più difficile. Senza contare che infine, vedendo la barella vuota e non conoscendo la tradizione, tanti ti chiedevano ironicamente che fine avesse fatto il cero.
Valletti del Comune. Il cero viene portato a spalla, salvo alcune soste prolungate in cui viene poggiato su un supporto centrale o tenuto abbassato. La lunghezza del percorso, soprattutto aggravata negli ultimi anni con l’uscita e il rientro dalla lontana ex caserma Piave, rende molto utile cambiare spalla ad ogni turno. E’ previsto però l’anno prossimo il trasferimento dei costumi finalmente nel centralissimo Palazzo dei Sette. Al di là di ogni ovvia considerazione igienica, espositiva e di sicurezza, l’abbandono di una sede fatiscente quanto decentrata renderà molto meno gravoso l’impegno soprattutto per figuranti più soggetti a fatica. 8 sono i valletti del Comune con spalla alta circa 150 centimetri da terra divisi in due squadre di 4 che si alternano, in genere in occasione di soste con massima libertà e senza necessità prefissate. Forse solo in una occasione, una festa dell’Assunta, il cero è stato portato da 7 valletti anziché 8. L’impossibilità improvvisa di reperire l’ottavo valletto unita al percorso molto più breve rese l’esperimento possibile. I 3 valletti di scorta vennero posizionati avanti al centro in una originale quanto gradevole formazione. Solo in questa occasione venne abbandonata la tradizionale uscita con 2 avanti e 2 dietro a distanza e simmetricamente più larghi rispetto al cero centrale.
Costumi. Gli attuali costumi blu e rossi con l’aquila hanno sostituito da decenni quelli gialli e rossi con i 4 simboli comunali, molto più pregiati. Fu proprio la Sig.ra Pacini a rimarcare spesso la necessità per preservare “opere che non si rifaranno più”. Gli attuali costumi con l’aquila invece, “pur dignitosi” hanno consentito l’usura legata a fatica e sfregamenti. Le taglie sono approssimativamente le stesse. Alle calzemaglie rosse vanno abbinate scarpe sempre rosse; è però indispensabile per ovvi motivi estetici che tutti gli 8 valletti indossino scarpe con la medesima tonalità di rosso tra le due disponibili. Per motivi di ulteriore sicurezza invece la scarpa va scelta soltanto tra quelle provviste di suola antiscivolo zigrinata, difficilmente presente per ruoli meno “impegnativi”. Appena qualche anno fa si è vista l’utilità quando dopo un improvviso acquazzone diversi tratti stradali soprattutto in forte pendio erano diventati a rischio. I vecchi stupendi costumi tutt’ora in uso con i simboli comunali sostenevano invece il cero ai tempi dell’uscita dal palazzo del Popolo.
Il cero veniva portato sulla piazza già affollata poco prima dell’uscita del Corteo da personale “in borghese”; pur necessaria non era però esteticamente una soluzione oculata far scendere una struttura medioevale da gente vestita in giacca e cravatta. Il cero veniva poi collocato dentro uno spazio transennato subito a destra della scalea. I valletti con i simboli comunali venivano invece impiegati nella discesa dalla scalea per tenere alto il mantello bianchissimo del Gonfaloniere di Giustizia che altrimenti si sarebbe sporcato. Nonostante l’autorità indiscutibile quanto temibile della Sig.ra Pacini, si narra che qualche valletto dell’epoca mugugnasse pesantemente ma solo in separata sede per questo incarico ritenendolo penalizzante se non servile/umiliante.
Compenso. Si, è vero. Il Comune paga 15,00 euro a figurante. Qualcuno che “sa” ci sfotte bonariamente per questo. E’ un importo chiaramente simbolico e legato solo ad un’antica tradizione. Fino a qualche decennio fa, terminato il corteo storico un impiegato si faceva trovare dentro al Palazzo del Popolo e pagava direttamente questo compenso agli 8 valletti che firmavano un foglio per ricevuta. Terminata l’epoca di questo pagamento diretto, solo pochissimi oggi ritirano i soldi dall’economo comunale. Non lo fanno magari per l’esiguità della somma. Oppure perché il pagamento implica sempre un procedimento amministrativo complesso e i 15,00 euro sono disponibili solo dopo diverso tempo per motivi burocratici facilmente immaginabili. Magari ti sei definitivamente dimenticato. Oppure, se capiti in Comune per caso e ti ricordi, è ormai troppo tardi per ritirare. E nessun assegno viene spedito a casa. Ma la tradizione secondo me dovrebbe restare. Anche se al Corteo siamo in tanti a faticare. Ricordo la Sig.ra Pacini negli anni ’70 regalare un buono ai Pavesari per una consumazione al bar di Piazza del Popolo “perché questi faticano”.
Altre curiosità. Molti anni fa era consuetudine per tutta la processione fare soste molto prolungate che fermavano il corteo storico almeno nei due punti del cordone e fontanasecca. Anche per questi motivi veniva predisposto in queste zone un banchetto in ferro dove poter appoggiare il cero. Pochissimi lo sanno, ma qualche anno il bloccaggio tra metallo e candele venne effettuato in maniera maldestra. La gommapiuma dopo solo un breve tratto di strada veniva persa permettendo piccole oscillazioni del cero. Erano anzitutto antiestetiche ma soprattutto si riflettevano con molto fastidio sulla spalla. Fu indispensabile strappare qualche pezzo di carta da manifesti funebri e inserirlo a forte pressione in modo invisibile tra i ferri e le candele. Prevedendo possibili problemi ogni anno inserisco pertanto a scopo precauzionale almeno un paio di pezzi di carta piegati tra calzamaglia e cintura. Una delle ultime uscite dal Palazzo del Popolo, forse ai primi anni ‘80, fu teatro di un “siparietto” comico e surreale. Lo spazio transennato per il cero tra la folla già in attesa fu invaso “abusivamente” da un trio napoletano molto folcloristico che ballando suonava con insolito fragore fisarmonica, piffero e tamburello chiedendo a voce alta un’offerta. Lo spettacolo del tutto fuori contesto quanto inaspettato richiamò la curiosità di tanti figuranti già vestiti ed affacciati al balcone del palazzo. Seguirono di lì a poco le urla della Sig.ra Pacini che immediatamente mandò la Polizia Locale a sgomberare lo spazio riservato al cero del Comune.