di Dante Freddi
Negli ultimi tempi, leggendo e studiando il “Discorso della servitù volontaria” di Étienne de la Boétie, umanista del Cinquecento, mi sono convinto, semplifico ovviamente e mutatis mutandis , che oggi l’unica azione possibile e logica per l’elettore sia operare per la costituzione di un movimento consapevole di astensionisti, sino a svuotare di potere chi vince le elezioni, perché siamo arrivati ai livelli più bassi di rappresentanza e di decenza della classe politica e un’azione rivoluzionaria non cruenta è necessaria.
Étienne de la Boétie non riesce a comprendere come una maggioranza sopraffatta accetti i soprusi inauditi perpetrati da un’esigua minoranza, se non per una sottomissione volontaria, per una volontà di schiavitù. Io mi chiedo cosa dobbiamo subire ancora per accettare la nostra classe politica, che non è espressione fedele dell’elettorato, è molto peggiore. Tutti hanno sbagliato e devono levarsi di torno perché hanno fallito, qui e a Roma. Basta votare il meno peggio, basta rassegnazione.
Qualche mese fa ho fatto leggere un mio pezzo di apertura della stagione elettorale ispirato a questa concezione e un amico impegnato in politica, uno a cui voglio molto bene, mi ha detto che se lo avessi pubblicato non mi avrebbe più parlato, tanto ero ingiusto nei confronti di chi ogni giorno si impegnava onestamente per il bene comune. Ho preferito tenermi l’amico, anche se continuo a pensare che, onesti e intelligenti o malfattori e stupidi, comunque il fallimento è evidente e questi soggetti continueranno ad aumentare i danni già prodotti, per colpa o dolo. Mi ero quindi ripromesso, per la prima volta da oltre cinquant’anni, di non “vivere” queste elezioni amministrative e politiche.
Per ragioni di salute, la mia, nel senso che stavo bene e non volevo ammorbarmi. Poi ho letto qualche giorno fa la lettera di addio all’esperienza di consigliere comunale di Orvieto di Alessio Tempesta, una persona seria. A piè di pagina il link alla sua lettera, che vale leggere e tentare di comprendere. Tempesta, civico eletto con Tardani, è uscito dalla maggioranza nel 2022 per la difficoltà di far coincidere le sue aspettative con le azioni della maggioranza di destra. Rivolgendosi ai nuovi amministratori che usciranno dalle elezioni di giugno ha pensato di suggerir loro la ricetta per un’azione positiva a favore della città e gli ingredienti per confezionarla.
Scrive Tempesta: «Questi ingredienti si chiamano, coesione, partecipazione, dialogo, confronto, condivisione, valorizzazione delle risorse umane, relazione umana, rispetto, e sano civismo. Per me, questi ingredienti non hanno caratterizzato la ricetta di governo dell’Amministrazione politica oggi in carica».
Rimango dell’idea che senza un cambiamento rivoluzionario, di quelli che costringono a rivedere i termini del rapporto tra cittadino e delegato, non produrremo risultati soddisfacenti, ma credo anche che valga sostenere i valori che lancia il “riformista” Tempesta, perché costituiscono il contenuto di cui devono nutrirsi gli elettori che eleggeranno una rinnovata classe dirigente. Le persone serie come Tempesta devono convincersi che potrebbero offrire argomenti fondanti a un astensionismo attivo, a quel 50% degli italiani che non vota più e che potrebbe diventare il 70 o 80%, fino a svuotare la classe politica attuale. Sì Alessio, “coesione, partecipazione, dialogo, confronto, condivisione, valorizzazione delle risorse umane, relazione umana, rispetto e sano civismo”, più sano partitismo, aggiungerei io, possono essere la base metodologica ed etica di una nuova politica, perché il futuro può partire anche da lì. Lettera di Alessio Tempesta https://orvietosi.it/2024/04/orgoglioso-di-concludere-con-dignita-unesperienza-umanamente-e-politicamente-deludente/