di Valeria Cioccolo
Non è possibile descrivere a parole quello che Don Augusto è stato e ha rappresentato nei suoi lunghi anni di sacerdozio per questa comunità. Lo descrive invece l’immensità di ciò che è accaduto questo giorni, il bagno di folla, le parole, le lacrime, la fede, l’abbraccio corale che la sua comunità gli ha giustamente tributato. Non bastano parole perchè è stata la stessa vita di Don Augusto a parlare per lui e continuerà a farlo. Mi sembra giusto, in questo momento, cercare di non disperdere il patrimonio delle tante testimonianze che questa vita raccontano e che anche in questi giorni sono state narrate, dai giovani, dagli animatori, dai catechisti, dalle suore, dai sacerdoti, e dai tanti amici e fedeli che in doversi momenti hanno incrociato le sue strade e i suoi passi e che da lui hanno ricevuto aiuto, sostegno conforto, esempio.
È un racconto d’amore quello che lega Don Augusto alla sua gente e inizia più di quarant’anni fa quando lui, giovane sacerdote, arriva qui. La chiesa, l’edificio grandioso che oggi conosciamo, ancora non esiste, sarà costruita qualche anno più tardi proprio grazie alla tenacia di questo prete anticonformista e rivoluzionario, che, lo ha descritto bene il vescovo Gualtiero Sigismondi nell’omelia funebre, è stato “un prete “in uscita” ante litteram, da appassionato del calcio quale era, sapeva che la tifoseria non sta in tribuna ma in curva (…) testimoniando che la partita di una parrocchia si sviluppa a tutto campo: non c’è spazio per chi non sa fare gioco di squadra o si limita a spazzare la palla in tribuna“.
La parrocchia allora era itinerante le messe si celebravano nei capannoni e nei garage e sulle piazze, ricordano le Suore Serve di Maria Riparatrici nel loro messaggio di commiato e ringraziamento a Don Augusto che ha fortemente voluto la loro presenza in parrocchia una volta divenuto sacerdote e parroco: “lui, educato amorevolmente dalle Suore, veniva a pregare il Vespro con noi, con i giovani, con i papà e mamme – ricordano oggi Suor Maria Laura, Suor Maria Luisa e Suor Livia – “Voleva la nostra presenza in mezzo alla gente, è stato un cammino di collaborazione reciproca che si è istallato nel tessuto della comunità. Sono passate da allora tante Suore, ritenute per lui un dono“.
E fu proprio da qui e con lui che crebbe a Ciconia uno spirito di orgoglio, identità e appartenenza e che trasformò una periferia di Orvieto, nella più grande parrocchia della diocesi.
Don Augusto è stato il Prete della gente “un uomo di chiesa, ma col senso pratico di chi i precetti di Gesù li costruiva nel concreto” lo descrive bene un suo amico, un grande tifoso di Gesù e di Maria che non ha mai rinuciato a portarli per quelle stesse strade in cui tutti lo potevano incontrare, divenendo punto di riferimento, di sostegno e di aiuto: “È sceso subito in campo come missionario del Vangelo – dice il Vescovo – avendo appreso alla scuola di don Marzio Miscetti a prendersi cura dei malati, dei poveri e dei giovani in particolare, ai quali ha trasmesso che la libertà non è esente da falli e non ha rinunciato a fischiarli“. Quella stessa moltitudine di giovani cresciuti nei Grest, nei campeggi, nel salone della chiesa che lui stesso ha progettato e animato, perchè sapeva che il tesoro più prezioso del futuro sono proprio loro. Ed eccoli i “ragazzi di Don Augusto” come si definiscono che, con voce spezzata, leggono un’ultima lettera: “fa più rumore una albero che cade che una foresta che cresce. Ecco la tua foresta silenziosa Don Augusto, eccoci, siamo i tuoi ragazzi. Siamo la foresta che è cresciuta intorno a te, padre, nonno, che ci ha reso famiglia. (…) con la testimonianza della tua vita ci hai fatto diventare uomini e donne che cercano di riconscere i fuochi fatui del nostro tempo per spostare lo sguardo su ciò che veramente conta e rimane“. Animatori e catechisti che dicono: “siamo quelli – queste le loro parole – che con te sono cresciuti e che tu instancabilmente hai sempre voluto, cercato, chiamato intorno a te, hai piantato un seme in ognuno, vedendo la parte migliore di ognuno quella che poteva mettersi al servizio del Signore e dei fratelli più piccoli “il tesoro più prezioso della parrocchia“ come li definivi“.
Così come una moltitudine sono le coppie di sposi che Don Augusto ha seguito nel percorso verso il matrimonio e che nella sua pastorale non ha mai smesso di esortare a credere in questo sacramento pure in un mondo in crisi. In tanti hanno sottolineato come sia stato proprio il giorno di San Valentino, patrono degli innamorati, a vederlo in Cielo.
Impossibile riuscire a mostrare appieno la grandezza e la bellezza del grande mosaico della vita di Don Augusto. Ogni singola tessera, testimonianza di vita di chi ha incontrato, sembra oggi comporre e superare in grandiosità quello della chiesa di Ciconia, che diventa oggi una cattedrale di carne, vera e concreta, con la bellezza di un’opera d’arte costruita dalle vite delle persone che con Don Augusto hanno pennellato questo capolavoro: “Questo edificio di culto, intitolato a Maria Ss. Madre della Chiesa, è tra i doni di fede più grandi che don Augusto lascia alla comunità parrocchiale che ha visto crescere lungo l’argine sinistro del Paglia, all’ombra della Rupe, e che ha voluto porre sotto il manto della Vergine Maria” ha sottolineato il Vescovo.
E la sua gente ha accolto Don Augusto con questo immenso abbraccio d’amore nel suo estremo saluto, percorrendo in un’immensa processione le strade di Ciconia, illuminando il cielo con centinaia di candele e preghiere a Maria.
“Spetta a noi coltivare da oggi i semi che Don Augusto ci ha lasciato, ha detto Don Emanuele Frenguelli, il viceparroco, che lo ha affiancato in questi anni in parrocchia, “perché, se il chicco di grano caduto in terra non muore non dà frutto, dice Il Vangelo, se muore produce molto frutto”. Cerchiamo di dimostrargi adesso di essere capaci di coltivare la grande eredità umana e spirituale che Don Augusto lascia a noi e per noi.
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