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Home Cultura

L’Apocalisse di Sigmund Freud

Redazione by Redazione
27 Gennaio 2024
in Cultura, Secondarie, Archivio notizie
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“Se non riuscirò a piegare gli dei del cielo, smuoverò le potenze dell’inferno.” (S. Freud)

Cosa vide realmente Freud quando, nell’estate del 1897, entrò nella cappella Nova, lui, amante dell’archeologia e delle “cose del passato”, della mente umana e del suo profondo? Un breve aneddoto scritto di pugno all’amico Wilhelm Fliess sembra contenere la risposta: di fronte alle immagini di Signorelli, lo studioso tedesco, ebreo di origine e buon conoscitore della Bibbia, ebbe quella prima intuizione che diede origine e fondamento alla scienza della psicanalisi. Lì riconobbe le due forze primordiali dell’uomo: “Eros” e “Thanatos”, ovvero la pulsione della vita e l’istinto di morte. Da sempre la vita dell’uomo è stata simbolo di contraddizione e lotta, in un dualismo che Signorelli lasciò impresso nell’arte, come nessun altro aveva fatto prima. Le scene dell’Anticristo e dell’Inferno che s’intrecciano con quelle della Resurrezione della carne e del Paradiso, mettono in luce l’eterna lotta fra Bene e Male, Ordine e Caos, Salvezza e Perdizione, racchiusa in ogni particolare e in ogni personaggio che anima gli affreschi.

Empedocle, cappella di san Brizio

Già il filosofo greco Empedocle, ritratto mentre si affaccia dal suo oblò per ammirare dall’antichità lo spettacolare ciclo pittorico, aveva prefigurato il conflitto interiore dell’umanità di tutti i tempi. Le due pulsioni originarie, Vita e Distruzione, sono raffigurate da Signorelli l’una accanto e difronte all’altra. Al convulso scenario dell’Anticristo si contrappone, ad esempio, la pianura dei risorti dove appare la nuova umanità che una volta riemersa dalla terra, e cioè dalla condizione di “debolezza, ignoranza e malignità”, si ritrova felicemente insieme per formare una civiltà di pace e di concordia. È la società del futuro, la “città utopica” costruita sulla terra in cui gli uomini, liberi dalla schiavitù del male, godranno di una beatitudine senza fine.
L’amore infatti genera vita, solidarietà e concordia, amicizia e sentimenti fraterni, mentre nel mondo infernale prevale la violenza di forze demoniache distruttrici che opprimono, torturano, separano, fanno disperare e, alla fine, conducono alla morte che Signorelli rappresenta col fuoco di una fornace nella quale spietati demoni gettano i dannati. È questa la visione esistenziale dell’umanità di Signorelli che Freud giunse a riformulare nel ‘900 teorizzando gli istinti primordiali dell’uomo. Entrando nella cappella, l’impatto con le immagini fu dunque per il padre della psicanalisi a dir poco folgorante: Eros e Thanatos, Bene e Male, gioia e tormento, pienezza e fallimento, questo si trovò ad ammirare quel giorno entrando nella cappella Nova.

In un testo del 1920 lo stesso Freud sosteneva che nella vita psichica esiste davvero una forza, una dinamica negativa che costringe l’uomo a ripetere gli stessi errori e quindi a fallire: “Vi sono individui che nella loro vita ripetono sempre, senza correggersi, le medesime azioni a loro danno, o che sembrano addirittura perseguitati da un destino inesorabile, mentre un più attento esame rivela che essi si creano inconsapevolmente con le loro mani
questo destino…in tal caso ci si trova di fronte a un carattere (o spirito) demoniaco”.
L’impressionante visione dell’Inferno aveva causato in Freud l’intuizione di quel meccanismo di occultamento inconscio della realtà definito “rimozione” che si rivelò alla sua coscienza attraverso la dimenticanza del nome “Signorelli”. Tra urla e suoni di corno, sotto lo sguardo vigile di angeli armati che impediscono dall’alto ogni via di fuga, si spalancava davanti ai suoi occhi un terrificante caos dove uomini e demoni, vittime e carnefici si dibattevano come in una lotta. Nell’immaginazione di Freud non poteva non affacciarsi improvvisamente l’immagine di quando, nei suoi studi, aveva teorizzato l’esistenza nella psiche umana di forze oscure e contrarie, autodistruttive, che prendendo il sopravvento provocano nella mente e nell’anima quella sconfitta esistenziale sperimentata da san Paolo: “io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio!”(Rm 7,19).
Un esempio fra i tanti è il dettaglio del demone con i tratti fisionomici del Signorelli stesso, il quale artiglia la formosa fanciulla. È un chiaro riferimento che sveladesideri ben noti anche allo spettatore, il quale può riconoscere in questo particolare, se fatto notare, ciò che si nasconde nel profondo dietro le semplici apparenze e che spinge per affiorare in superficie.

Inferno, cappella di san Brizio

Gli affreschi infatti ripropongono la contraddizione della psiche insita anche nella storia. Già al tempo di Signorelli si esaltava l’amore per la sapienza e la bellezza delle arti, mentre covava -come fuoco sotto la cenere- un lato oscuro e brutale della società contrassegnato da violenza e propensione all’inganno. Ed è proprio per questo dualismo, tipico della società moderna, che il ciclo dell’Apocalisse continua ad affascinare e a coinvolgere le coscienze. Nella sua arte Signorelli non si distaccò mai dalla realtà, anzi cercò di riprodurre in essa tutti i desideri e le “pulsioni” che da sempre abitano nell’animo umano e che Freud seppe cogliere più tardi nel mirabile capolavoro. Fede e Psicanalisi, Arte e Scienza, un connubio tutto da riscoprire per rendere ancor più attuale l’Apocalisse di Orvieto, in un perfetto equilibrio tutto rinascimentale tra contenuto inconscio e forma artistica.

 

 

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