Ho fatto una prima analisi della DGR 1399 del 28 dicembre sulla programmazione della rete ospedaliera regionale e ne ho tratto le valutazioni che di seguito sintetizzo, con l’avvertenza che si tratta solo di prime valutazioni, richiedendo essa una lettura più approfondita e una valutazione delle sue implicazioni pratiche sia generali che relative al nostro territorio.
1. Si tratta di una piccola riorganizzazione, fatta di aggiustamenti vari, quasi un’operazione ragionieristica, per adeguamento ai parametri delle norme nazionali e regionali (D.M. 70/2015 e DGR 212/2016), con poche scelte di un qualche significato. Di fatto un’operazione funzionale a non muovere troppo le cose in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Nessuna scelta davvero coraggiosa, nessuna risposta all’esigenza di un servizio ospedaliero regionale ben coordinato, efficiente, moderno. Nessuna vera risposta alle esigenze dei territori, certo non per il nostro.
2. L’operazione per l’ospedale di Orvieto non cambia sostanzialmente le cose, modifica qua e là, ma non dà risposte nemmeno (né per la logica seguita poteva darle) alle esigenze più urgenti, quelle che identificano una struttura che ha carenze ma che almeno funziona seppure con le carenze che ha. Sappiamo tutti quali sono: mancanza di personale e precarietà, lunghe attese e transumanza verso altri ospedali anche per servizi ordinari, servizi da tempo solo sulla carta (UTIC, ad es.), distretto, servizi organizzati anche in difformità del D.M. 70/2015, macchinari obsoleti, modernizzazioni solo annunciate, ecc.
3. Dunque conferma che ci sarà un ospedale di comunità con 20 posti letto (quello che l’amministrazione comunale ha voluto in piazza Duomo) e che “L’Ospedale di Orvieto è un nodo della rete di emergenza-urgenza (DEA di I livello e Spoke della rete di emergenza-urgenza)”. Nel contempo nell’ambito della ASL Umbria 2 si crea il terzo Polo Foligno – Spoleto e si riorganizza la rete Terni – Narni – Amelia. Orvieto resta realtà debole, isolata, marginale.
4. Si accenna di passaggio e in generale alla possibilità di lavorare all’aggregazione degli ospedali territoriali ai poli (nel nostro caso Terni), ma naturalmente non si sa che cosa può voler dire. Ed è evidente che questa logica di riorganizzazione non fa sperare niente di buono sia per l’immediato che per il futuro.
5. Dunque non si è colta nemmeno di striscio questa occasione per vedere nel servizio ospedaliero regionale un ruolo di traino non solo per la sicurezza dei residenti e degli avventizi ma anche per lo sviluppo. Si sa, per il nostro territorio si tratta di partire dalla naturale collocazione territoriale in un incrocio interregionale e su una viabilità di grande comunicazione (la Roma – Firenze). Il nostro ospedale e il nostro servizio sanitario complessivo territoriale non possono essere pensati solo in termini numerici e burocratici, ma devono esserlo in termini di ruolo territoriale vasto e di sviluppo.
6. Ho posto così tante volte la questione in Consiglio comunale (c’è anche una delibera di Consiglio approvata all’unanimità) che è stancante anche solo ricordarlo. Da Orvieto però non è partita manco uno straccio di iniziativa che andasse in questa direzione. Andava sempre tutto bene, la parola d’ordine è accontentarsi di ciò che passa il convento. Ed ecco il risultato: una sopravvivenza che ci porta ad un inevitabile declino.
7. Converrà attrezzarsi per cambiare sul serio. Perché si possa sperare che con la nuova amministrazione regionale si faccia la riforma ospedaliera e di servizio sanitario già oggi necessaria che però ora non si ha il coraggio di fare. Per questo bisognerà avere, più che capacità di rivendicazione, che denota sempre debolezza, idee chiare e finalmente coraggio di lotta politica, non solo di Orvieto ma dell’intero territorio.
Franco Raimondo Barbabella