“Oggi la gente sa il prezzo di tutto e il valore di nulla”. Lo scrive Oscar Wilde ne “Il ritratto di Dorian Gray”, mettendo la celebre sentenza sulla bocca di Lord Enrico Wotton. Cosicché, per reimparare il valore di tutto, la strada obbligata sembra essere quella di non indicare alcun il prezzo. In assenza di questo, il valore della cosa torna evidente: un valore “solidale”, che suggerisce a chi possiede oltremisura di donare la cosa scartata; e un valore “esistenziale”, avvertito da quanti hanno bisogno della cosa ma non dispongono della moneta sufficiente all’acquisto.
Ecco com’è nata l’idea di “Senza Monete”, l’Emporio dello Scambio e del Riuso che da poco ha tagliato il nastro dei primi dieci anni di vita. Dieci anni di volontariato – da ottobre 2013 – per realizzare un modello virtuoso che riesce, giorno dopo giorno, a cambiare il destino di indumenti e altri oggetti altrimenti destinati alla pattumiera (sia pure differenziata). L’Emporio vive di doni, di “ex-merci” ritenute dai possessori non più utili: vale a dire scarti. Ma gli scarti, inseriti in quello strano “non-mercato” dello scambio e del riuso, tornano in vita e, soprattutto, tornano utili a soddisfare le necessità di tante persone.
Nato per alimentare una rete solidale fondata sul dono, l’Emporio è diventato ben presto un luogo “cool”, frequentato da giovani, benestanti, freak, stranieri, famiglie e single. Ci si entra perché si ha bisogno di un qualcosa, perché sospinti dalle impellenze della “nuda vita” ma anche perché è possibile trovarvi delle stravaganze, degli oggetti originali, abiti firmati magari démodé ma pronti al riscatto vintage. Le merci, liberate dall’infamia d’essere rifiuto, ritornano nella vertigine dello scambio, in un sistema di economia circolare in cui si dona, si “acquista” (senza monete) e si accumula anche capitale, però sociale e solidale.
Oggi l’Associazione “Senza Monete” conta più di 2.500 soci (quasi il 14% dei residenti del Comune di Orvieto) e oltre all’Emporio gestisce anche il Market Solidale di Via dell’Arcone, a cui fanno costantemente riferimento più di 250 famiglie.