di Francesca Fortugno
A Seoul, in Corea del Sud, un’insegnante di scuola primaria di 23 anni si è suicidata. Lee Min-so, questo il suo nome, lo scorso luglio si è tolta la vita perché non riusciva più a sostenere le pressioni, le lamentele e le
violenze verbali dei genitori dei suoi alunni. Sì, avete letto bene, dei genitori.
Sembra che la giovane insegnante, dopo appena un anno di lavoro in quella scuola, si sentisse talmente soffocata da arrivare a prendere una decisione tanto estrema. Nel suo diario si legge che ogni volta che doveva varcare la porta della sua classe sentiva il petto stringersi e il respiro mancare. Temeva di cadere a terra da un momento all’altro e non riusciva nemmeno a capire dove si trovasse.Una tragedia che ha infuocato gli animi e le coscienze di decine di migliaia di coreani che sono scesi in piazza a manifestare per chiedere più tutele contro le situazioni di stress, per evitare il cosiddetto burnout, cioè l’esaurimento fisico e mentale che può colpire le cosiddette Helping professions, ovvero personale sanitario, professionisti di pronto intervento e professionisti di relazioni di aiuto (tra cui, appunto, educatori e insegnanti). Questi ultimi sono proprio le nuove vittime della sindrome da burnout, che li porta ad essere demotivati e deconcentrati, a sentirsi degli inetti che hanno fallito nella loro missione educativa. Tutto ciò non va preso alla leggera perché questa condizione può portare ad uno stato di apatia e perfino di depressione.
Nelle ultime sette settimane, centinaia di docenti hanno continuato a sfilare per le strade di Seoul chiedendo di non essere attaccati e accusati di essere degli educatori degeneri solo per aver corretto o disciplinato un alunno. “I diritti degli insegnanti sono importanti tanto quanto i diritti degli studenti. Anche noi siamo vittime di bullismo da parte di genitori e studenti, e questo deve finire”, ha detto un maestro di scuola elementare al The Guardian.
Non pensiamo che questo accada solo dall’altra parte del mondo. Anche nelle nostre scuole spesso i docenti sono insultati, minacciati, denigrati, perfino schiaffeggiati o picchiati. Come siamo giunti fino a questo punto? Quando abbiamo smesso, da genitori, di rispettare il ruolo dell’insegnante? Genitori e insegnanti dovrebbero essere alleati nel processo di crescita e apprendimento degli studenti. Quando andavo a scuola io, negli anni Novanta e Duemila, me lo sognavo che i miei stessero sempre dalla mia parte a prescindere. Se ripenso alla mia vita tra i banchi di scuola, non ricordo una volta in cui un genitore fosse arrivato al punto di scagliarsi contro un insegnante urlandogli addosso e mettendo in dubbio la sua competenza.
Non stava né in cielo né in terra. I genitori rimproveravano noi, non andavano certo a prendere le nostre difese davanti al professore o alla professoressa di turno. Non andavano a salvarci. Dovevamo salvarci da soli, rimboccarci le maniche e sbrigarcela. Adesso serpeggia un’aggressività che fa paura. Pensiamo che il bullismo sia solo tra bambini o ragazzi, invece anche gli adulti si accaniscono gli uni contro gli altri, cercano un capro espiatorio, difendono e proteggono a spada tratta gli interessi dei propri figli anche quando stanno dalla parte del torto, anche se ciò significa attaccare gli insegnanti o accusarli di ingiustizie.