di Andrea Impannati
Un caos entropico che riesca a far esprimere tutte le meravigliose necessità di ogni singolo orvietano. Il calo demografico costante, infatti, non si ferma né con il silenzio né con il turismo ma con le persone.
I cittadini spesso hanno bisogno di una speranza di rumore, quella scintilla che faccia pensare ad un possibile e lieto avvenire anche a chi non ha vissuto gli anni di grande fulgore della città rupestre. Tralasciando l’etereo e scontrandosi con la realtà: i dati, che spesso parlano da soli, sollevano l’obbligatorietà di ripensare al modello a cui si dovrà ispirare Orvieto del futuro.
Necessariamente dovrà finire la comitatocrazia, soprattutto quella dell’Antirumore passato alle cronache per la capacità di influire sulle scelte pubbliche negli anni. De Andrè racchiuse nelle sette quintine de “Il Chimico” un intero pensiero. Il chimico, infatti, si chiude nell’incomprensione dei sentimenti dell’altro abituato com’è alla stanca e consueta reazione delle molecole. Forse, chi ha voglia di quiete è proprio in collina che dovrebbe rifugiarsi. Rassicurando chi dissente dalla “teoria del silenzio”, ricordo che non è solo.
Non è tutto inutile. L’espressione e la vivacità delle menti fresche e giovani emerse dai commenti sui social devono essere rappresentate. Urgiamo di quell’humus di idee e divertimento che potrebbe far fiorire nuovamente un territorio ormai molto appassito. A noi serve il rumore, abbiamo bisogno di futuro.









