“Associamo la nostra, alle contrarietà che abbiamo letto, provenienti da più fonti, riguardo il benestare concesso dal Consiglio dei Ministri alla realizzazione del parco eolico, denominato Phobos, previsto sull’altipiano dell’Alfina nei comuni di Castel Giorgio ed Orvieto. Vogliamo precisare, pur non avendo potuto esaminare dettagliatamente gli elaborati e le relazioni sulle quali la Regione Umbria e quindi il Mite hanno dato parere favorevole, che salvo un radicale ripensamento del nostro modo di vivere, produrre e consumare, la produzione di energia elettrica rimane indispensabile.
In questo caso quella da fonte eolica non rappresenta di certo la più inquinante e dannosa. La nostra contrarietà non è pertanto riferita al principio di generazione, quanto ad altri fattori, che già da un esame sommario ci sembrano poco sostenibili, per non dire strumentali o addirittura tendenti a dare il massimo beneficio all’investimento, guarda caso di natura privata. In primo luogo, parlando di impatto, risalta l’unilateralità, palesemente voluta, di proporre una documentazione fotografica (ante e post opera, di cui la seconda ovviamente costruita) i cui punti di osservazione sono stati più che sapientemente scelti, immaginiamo per mitigare effetti che altrimenti avrebbero potuto suscitare allarmi.
Non meno strumentale il tentativo di mitigare l’impatto di una stazione elettrica (meglio ancora due in una) previste per elevare la tensione di generazione da 30 KV a 150 KV e quindi a 380 KV. Se la problematica di impatto potesse considerarsi superata con la sola piantumazione del perimetro, (non è dato capire in che misura e se autoctona), peraltro dovendo mantenere distanze rilevanti rispetto alle linee di alta tensione che si attesteranno alla stazione, allora sul pianeta in pratica non esisterebbero aree vincolate.
Altrettanto da discutere, il perché, se non per agevolare ulteriori auto produttori nelle aree circostanti e anche non immediatamente limitrofe, per la potenza prodotta dichiarata, di 42 megawatt, si prevede un inserimento sulla rete nazionale, alla massima tensione di norma utilizzata nel Paese, ovvero quella a 380 KV. (superficie di progetto stimata per le stazioni elettriche di circa 5 ettari).
A titolo di puro esempio, si prenda a riferimento la cabina elettrica primaria situata a margine della strada che collega Sferracavallo con Orvieto Scalo, decisamente meno impattante, dalla quale trae alimentazione non solo Orvieto, ma l’intero territorio circostante, la cui potenzialità è maggiore di quella del progetto Phobos.
A chi giova, quindi, un’infrastruttura elettrica di potenzialità decisamente più elevata di quella necessaria, se non a creare i presupposti per nuove installazioni? Si noti anche che l’area interessata dal parco eolico è intersecata da un elettrodotto le cui targhe identificative, lo indicano esercito a 150 KV e come tale perfettamente sufficiente a ricevere la nuova potenza prodotta, se i 42 MW del parco in questione, fossero realmente il tetto di produzione previsto nell’area e nel tempo.
Non abbiamo ancora avuto modo di esaminare a fondo aspetti specifici richiamati nelle comunicazioni di contrarietà già emesse; quindi, prendiamo atto di quanto segnalato in ordine alla disattenzione di normative, decreti e altro, rimarcando almeno l’ eventuale superficialità, se non abuso del modo di agire.
Salvo smentite che attendiamo, vogliamo sollecitare l’attenzione sul rischio non ben illustrato, o meglio opportunamente camuffato e frazionato, di essere in presenza di una operazione complessiva molto più articolata e lungimirante del solo parco eolico dell’Alfina, operazione palesemente coerente alla logica che ultimamente sembra dettare le regole del nuovo Governo, magistralmente sintetizzate dallo slogan del suo primo ministro “non disturbiamo chi vuole fare”.
Consigliamo a tutti una seppure rapida consultazione del sito del Mite per capire quali e quanti progetti simili a quello in parola, sapientemente presentati, senza dar loro l’imprescindibile collegamento che li vincola, siano già stati approvati o in corso, nel territorio della Tuscia, proprio alle nostre porte. Tutto questo, paradossalmente, in una delle aree meno energivore; per cui aspettiamoci nuovi e copiosi elettrodotti, in un’ area paesaggisticamente tra le più belle d’Italia. Che sia la transizione? Una transizione ecologica, sempre più allineata con interessi economici e finanziari, che vengono messi in agenda, prima di consultare i cittadini e prima di verificare l’ utilità di impianti ed opere. È proprio questo paradigma che intendiamo criticare e mettere in discussione, non cadendo nella tentazione di essere contrari a prescindere, ma mettendo il bene comune al centro dell’agire politico.
Queste scelte unilaterali, tendenti a incassare solamente l’aspetto finanziario, portano sempre di più i cittadini, a considerare la politica come qualcosa di altro, non in grado di risolvere i loro problemi e di conseguenza un allontanamento da essa. Una politica intesa come servizio ai cittadini e non come gestione del potere, ecco noi proviamo a fare questo”.
PCI – Federazione di Orvieto








