“Ritirare il disegno di legge per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario”. E’ ciò che chiede il gruppo consigliare di Nuova Provincia Terni in una mozione firmata dai consiglieri Luciano Conti, Daniele Longaroni e Nicoletta Valli.
Questo il testo: “In data 2 marzo 2023 il Consiglio dei Ministri ha approvato un Disegno di Legge avente ad oggetto: “Disposizioni per l’attuazione della autonomia differenziata delle regioni a Statuto ordinario” che è stato presentato alle Camere con l’obiettivo di definire la cornice procedurale per l’attuazione di quanto previsto dall’art. 116 terzo comma della Costituzione, il quale prevede che possano essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario forme e condizioni particolari di autonomia concernenti le 20 materie di cui all’art. 117 comma 3 e le tre materie indicate allo stesso art. 117 comma 2 relative alle lettere “ l”, “n” ed “s”;
Il disegno di legge presentato dal Governo ha suscitato consistenti perplessità e notevoli critiche, da parte di studiosi e costituzionalisti, da parte di numerose Regioni, da parte delle associazioni di Comuni e Province nonché da associazioni di categoria e forze sociali, che individuano il rischio di una frammentazione del tessuto istituzionale della Repubblica ed una non chiarita distinzione tra competenze legislative e funzioni amministrative e la conseguente indeterminatezza e confusione su quali verranno effettivamente attribuite e su come verranno salvaguardate anche sotto il profilo finanziario le funzioni pubbliche oggi assicurate dagli enti locali a cui, va ricordato, l’articolo 118 della Costituzione attribuisce, innanzitutto, l’esercizio delle funzioni amministrative;
Nel disegno di legge non viene assicurata la centralità del Parlamento, né il ruolo degli enti locali, soprattutto per quanto riguarda la individuazione, la definizione e il finanziamento dei LEP;
· Il testo proposto tende ad aumentare di fatto i divari tra Nord e Sud del nostro Paese, in termini di reddito, di istruzione, della qualità della assistenza sanitaria, delle politiche sociali, di capacità di offerta e di diritto di accesso ai servizi più in generale;
· Il 9 maggio 2023 si è insediato il CLEP – Comitato per l’individuazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” concernenti i diritti civili e sociali, da garantire su tutto il territorio nazionale – composto da 61 esperti, che supporterà il lavoro della Cabina di regia. Successivamente, sono iniziate le audizioni in 1° Commissione Affari costituzionali del Senato della Repubblica sul Disegno di legge A.S. n. 615 e connessi (A.S. n. 62 e A.S. n. 273). Il 6 giugno scorso è stato adottato come testo base il disegno di legge n. 615 di iniziativa governativa e veniva fissato per il 22 giugno 2023 il termine per la presentazione degli emendamenti;
Ritenuto che: · In sede di Conferenza unificata del 2 marzo 2023 Campania, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana hanno espresso parere contrario al DDL per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario;
· Risulta acquisito, in sede di audizioni in 1° Commissione Affari costituzionali del Senato del 23 maggio 2023, un documento con cui anche i Presidenti delle Assemblee legislative Emilia-Romagna, Puglia, Toscana e Campania, oltre ad esprimere considerazioni di ordine procedurale, rilevano:
) che il percorso di autonomia differenziata impone “di evitare accelerazioni, a detrimento degli opportuni approfondimenti circa l’individuazione delle materie in ordine alle quali la Costituzione prevede la determinazione di livelli essenziali delle prestazioni, specie in un contesto caratterizzato da fortissime incertezze nel rapporto fra legislazione statale e regionale
b) che “l’impressa accelerazione verso un ‘frettoloso regionalismo differenziato’ rischia di travolgere e vanificare il modello di cooperazione istituzionale fondato sul confronto in ordine alla definizione delle materie e delle risorse necessarie alla sua concreta attuazione, anche al fine di rispettare quanto prescritto dall’art. 119 della Costituzione, che postula una regolazione sistematica per il finanziamento delle Regioni a statuto ordinario sulla base delle diverse capacità fiscali dei territori. Conseguentemente, è imprescindibile individuare – in concreto – le risorse adeguate attraverso il finanziamento del fondo di perequazione, elemento di garanzia per la tenuta dell’unità giuridico-economica del Paese, ribadendo la necessità di rispettare, anche per il futuro, il principio di correlazione fra funzioni e risorse”;
c) che il rischio rappresentato dai disegni di legge è creare maggiori diseguaglianze territoriali che si traducono, inevitabilmente, in diseguaglianze sociali, economiche;
· Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha più volte e con interventi pubblici esortato tutti i rappresentanti delle istituzioni, a tutti i livelli, ad essere impegnati in azioni che non lascino indietro i più deboli, sia che si tratti di singole persone sia che si tratti di intere Regioni; ·
Anche “l’Europa boccia l’Autonomia”: infatti, come si legge sulla stampa “La riforma mette a rischio i conti e amplia i divari” e secondo la Commissione europea “rischia di mettere a repentaglio la capacità del governo di indirizzare la spesa pubblica” (Il Messaggero, 25/5/23). Bankitalia ha lanciato l’allarme sui costi dell’autonomia chiedendo di verificarne le coperture; · Per lo stesso Ufficio parlamentare di Bilancio (UPB) il disegno di legge non risolve le incertezze sulla possibile dinamica delle risorse regionali negli anni successivi all’approvazione dell’intesa;
· I diritti sociali rappresentano un capitolo fondante del patto istituzioni-cittadini, mentre questo disegno delinea un assetto istituzionale che mina la solidarietà nazionale rendendo strutturale le diseguaglianze; · Il modello di regionalismo configurato dal disegno di legge governativo non è sostenibile anche alla luce dei principi fondamentali sanciti dalla Costituzione della Repubblica: solidarietà (articolo 2), uguaglianza (articolo 3), sussidiarietà (articolo 118), perequazione (articolo 119);
· E’ necessario sviluppare un confronto che coinvolga istituzioni, partiti, cittadini, università, realtà associative, comunità ed esperti al fine di fare pesare la volontà popolare che mira a garantire il principio di eguaglianza tra cittadini e tra i territori e assicurare l’unità nazionale, che non può essere un semplice sentimento, ma un principio che deve tenere insieme le comunità del Nord e del Sud;
· L’Europa, attraverso il PNRR, al contrario di questa proposta, punta a rafforzare la coesione sociale e territoriale; Evidenziato che: · Con particolare riferimento al comparto sanitario, la riforma rischia di avere conseguenze deleterie specie per le regioni più in difficoltà e meno popolate come l’Umbria. Tutto ruota intorno a due principi: i costi standard e il superamento dei LEA (livelli essenziali di assistenza) con introduzione dei LEP (livelli delle prestazioni) che saranno definiti attraverso DPCM da una apposita Commissione Tecnica e, in quanto atti amministrativi, potranno essere impugnati solo davanti al TAR, ma non davanti alla Corte Costituzionale. Il Parlamento non avrà alcun potere di intervento sulle disposizioni relative al trasferimento di risorse umane e finanziarie alle Regioni e i LEP rimarranno orfani di risorse, fondamentali per allineare la qualità dei servizi delle Regioni del Centro sud e quelle del nord. Quindi ci saranno regioni in cui verranno garantiti livelli base e altre che, grazie a maggiori disponibilità economiche, potranno andare ben oltre i LEP.
A parità di patologia infatti avremo Regioni che si potranno permettere di dare cure ed assistenza adeguata, potendosi permettere di pagare la differenza fra il costo standard della prestazione minima e il costo totale di una cura appropriata, e altre no. Tutto ciò comporterà una sperequazione e una palese discriminazione dei cittadini su base territoriale, perché regioni come l’Umbria, in alcuni casi, dovranno decidere se interrompere le cure in corso o mettere a carico dei malati i costi eccedenti, senza contare che non è da prendere in considerazione l’ipotesi di autorizzare le singole aziende sanitarie a coprire gli stessi costi eccedenti mettendoli in bilancio visto il “buco” di bilancio ad oggi esistente in Umbria, quantificato in oltre 250 milioni.
· Il Disegno di legge non promuove l’interesse nazionale poiché incoraggia la frammentazione delle competenze, i divari territoriali e quelli economico-sociali e non prevede nessuno stanziamento di bilancio per la copertura degli stessi;
· Con la sua approvazione, tra l’altro in evidente contrasto con la Costituzione, non potranno più essere garantiti diritti basilari, universali ed essenziali, e su tutti il diritto alla salute, in modo uniforme a tutti i cittadini di tutte le Regioni d’Italia;
CONSIDERATO CHE:
E’ tanta la preoccupazione per l’approvazione del disegno di legge sull’autonomia differenziata proposto dal Ministro Calderoli, su cui esprimiamo contrarietà. Si auspica come necessaria l’adozione preventiva in Parlamento di una ‘legge quadro ’ costituzionale che disciplini percorso e procedure condivise con regioni ed enti locali;
· Si sottolinea la necessità di assicurare, prima di procedere con l’attribuzione di ulteriori forme di autonomie ex articolo 116, l’attuazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, finalizzati a garantire coesione, solidarietà nazionale e decentramento amministrativo agli enti locali nel rispetto del principio di sussidiarietà;
Tutto ciò premesso e considerato impegna la Presidente della Provincia di Terni
· A rappresentare in tutte le sedi necessarie il punto di vista espresso con questo atto e ad assumere iniziative che facciano pesare l’orientamento della nostra comunità verso principi di autonomia che assegni a tutte le realtà del nostro paese uguali opportunità di benessere civile e sociale.
· Ad attivarsi affinché venga chiesto il ritiro del Disegno di legge AS 615 recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”;
· ad inviare la deliberazione di approvazione del presente atto di indirizzo al Presidente della Repubblica, al Presidente del Consiglio dei ministri, ai Presidenti di Camera e Senato, ai gruppi parlamentari di Camera e Senato, al Presidente della Regione e ai gruppi consiliari regionali;
A richiedere la creazione di un Tavolo istituzionale per trovare un accordo concordato e condiviso con tutte le Regioni, le Province e i Comuni”.