di Valeria Cioccolo
L’evento, molto partecipato, è stato anche un importante momento di riflessione e confronto tra i giornalisti di vari ambiti. Spesso sfruttati, eppure fondamentali per l’ecologia dell’informazione, baluardi di trasparenza e verità nel proliferare di fake news. Numerosa partecipazione anche dei giovani catechisti, educatori/animatori, ecco come diventare influencer della nuova chiesa digitale.La Giornata della Dis-Connessione, lo ha ricordato sr. Maria Luisa Gatto del gruppo di coordinamento NovaCivitas nel suo saluto di apertura, nasce da una provocazione: separarsi per qualche ora dal cellulare per ri-connettersi con gli altri, costruendo progetti guardandosi in faccia. Una rinuncia sempre più difficile non solo per i ragazzi, ma anche per i più adulti che difficilmente riescono a smettere di ‘scrollare’ lo schermo. Eppure, la giornata della Dis-Connessione ha dimostrato che disconnettersi dal digitale fa recuperare un tempo per favorire il dialogo e creare progetti concreti. Non si tratta di dividersi tra apocalittici e integrati del cyberspazio, “la virtù sta nel mezzo” diceva San Tommaso. “Connettersi o disconnettersi, come, quando e perché, ci possiamo fidare delle notizie, quando sono vere e quando fake news? a queste domande ne possiamo aggiungere altre mille”, ha sottolineato suor Maria Luisa: “Dai frutti possiamo distinguere la verità degli enunciati: se suscitano polemica, fomentano divisioni, infondono rassegnazione o se, invece, conducono ad una riflessione consapevole e matura, al dialogo costruttivo, a un’operosità proficua, leggiamo nel messaggio per la 52ma Giornata mondiale delle comunicazioni sociali (La verità vi farà liberi. Fake news e giornalismo di pace, 2018)”.Ma come si può usare meglio il digitale, governarlo e non esserne schiavi? Alcuni possibili percorsi sono stati delineati dai relatori della Giornata, Elisabetta Stefanelli, giornalista, caporedattrice Ansa, redazione Cultura e Spettacolo, e docente in corsi universitari, impegnata in materia di promozione della cultura sulla parità di genere, e Costantino Coros, giornalista e scrittore, responsabile delle Comunicazioni sociali della Diocesi di Velletri-Segni, collabora con il quotidiano Avvenire. Si occupa, tra l’altro, di pastorale sociale, svolgendo attività di docenza nell’ambito delle comunicazioni sociali.
La Stefanelli, parlando di verità e fake news, ha sottolineato come siamo ormai completamente on-life, perché la connessione è parte integrante di ogni aspetto della nostra vita. Siamo immersi in un universo informativo che coinvolge tutto il pianeta. Una vita sincronizzata, delocalizzata, connessa tra Infosfera e Metaverso in cui è sempre più difficile distinguere quale sia verità. Esiste, quindi, sempre più la necessità di parlare di un’ecologia dell’informazione, impegnarsi in una sorta di bluewashing anche in questo campo. In questo contesto ai giornalisti spetta ancora più che nel passato farsi promotori di qualità, mettendo in campo le proprie competenze per cercare la verità smascherando le fake news. Così, cercando un fondamento etico, si può definire un progetto umano nell’era digitale. Nonostante quindi la crisi che ormai da anni la stampa intesa in senso tradizionale sta vivendo, i professionisti dell’informazione hanno l’obbligo deontologico di garantire la correttezza delle fonti, trovando parole che siano bussola per i lettori, ri-creando con loro un rinnovato patto di fiducia.
E di parole e della loro importanza ha parlato anche l’intervento di Coros che ha mostrato – utilizzando lo spunto di due famosi filmati, come attraverso buone parole e l’uso coretto dei mezzi di comunicazione tecnologica anche la Chiesa può fare la differenza. I social e Internet non sono mostri da combattere, ma strumenti che possono portare a obiettivi positivi, ha proseguito, attraverso cui animatori, educatori e catechisti possono essere gli influencer della Fede, veicolando valori diversi dal mero obiettivo economico, che facciano progredire l’umanità verso quel progetto etico di cui anche le macchine hanno ‘bisogno’. Parole che devono farci fermare a riflettere, dandoci la capacità di riappropriarci di un tempo che corre, in cui il presente è già passato. Fondamentale in questo è anche l’ascolto, altra parola chiave, e tema delle più recenti Giornate delle comunicazioni sociali indette da Papa Francesco. É con l’ascolto che dovrebbe iniziare ogni tipo di dialogo in una comunicazione sana che, a seconda di come la si utilizza, può portare frutti buoni o cattivi.Ricchissimi di spunti i tavoli di lavoro che, aperti nella seconda parte dell’evento, hanno visto un’attiva partecipazione dei presenti. Il primo, dedicato all’informazione giornalistica, ha portato ad un sentito confronto su problemi e prospettive della professione, facendo emergere questioni irrisolte vecchie e nuove tra cui l’atavico problema di vedere garantiti diritti fondamentali, come un equo compenso per un lavoro impegnativo e spesso poco tutelato. Numerosi i giovani presenti al secondo tavolo, più incentrato su nuovi modi di fare catechesi, che ha visto un importante momento di dialogo tra generazioni, portato diverse esperienze e nuove idee per progetti futuri in cui il digitale diventa mezzo per veicolare messaggi ricchi, positivi, umani e cristiani. Molte le parole bussola indicate che verranno utilizzate anche in prossimi incontri formativi.
In conclusione sr M. Luisa Gatto, augurando buona missione ai giornalisti e chiedendo loro uno sforzo di leggerezza, di verità e di responsabilità, perché oggi la comunicazione – soprattutto i social – incidono sulla coscienza a volte più che la stessa Chiesa, ha reso omaggio a Benedetto XVI, ricordando ciò che già nel 2009 scriveva sulla comunicazione nell’enciclica Caritas in Veritate: “Il senso e la finalizzazione dei media vanno ricercati nel fondamento antropologico. Essi possono divenire occasione di umanizzazione non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. I mezzi di comunicazione sociale non favoriscono la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti semplicemente perché moltiplicano le possibilità di interconnessione e di circolazione delle idee. I media possono costituire un valido aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l’ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell’universale partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto (n. 73)”.
Qui l’intervento integrale di sr. Maria Luisa Gatto.
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