Dopo oltre sei anni dal terremoto di Amatrice, presso il Tribunale di Rieti lunedì 31 ottobre si è tenuta l’ultima udienza, quella conclusiva del primo grado del processo penale per il crollo dell’Hotel Roma. L’unico imputato
rimasto in vita tra i quattro individuati dalla Procura come responsabili per il crollo dell’albergo, l’ingegnere Ottaviano Boni, è stato condannato a cinque anni e sei mesi di carcere.
“Per noi – dicono dall’Associazione 3.36 – non è una soddisfazione perché in aula c’era un uomo anziano, di 84 anni, colpevole di aver costruito male un albergo che, crollando, ha ucciso sette persone, tra cui Barbara e Matteo. Ma in fondo, quell’uomo è stato semplicemente uno dei tanti ingranaggi di un sistema di speculazione edilizia che per decenni ha costruito senza criterio e senza studi preliminari, anche in zone come questa, ad alto rischio sismico. La sua condanna non è un risarcimento, però alimenta la speranza che questa sentenza possa essere un precedente importante, un esempio per Comuni, Regioni, Genio Civile, imprese private e attività commerciali, per cambiare. Per smettere di costruire dove la natura non lo permette e per iniziare a tutelare la vita e l’incolumità delle persone, nel rispetto della legge e nella prevenzione del rischio.
Non sono le calamità a causare le morti ma la violazione della normativa antisismica. La sentenza di condanna conferma le accuse descritte nel capo di imputazione e l’Hotel Roma è crollato perché era stato costruito in violazione della normativa vigente al momento della sua realizzazione. Il silenzio stampa che ha accompagnato la condanna è preoccupante soprattutto se paragonato alla risonanza che ha avuto la recente sentenza civile del Tribunale dell’Aquila che ha riconosciuto il concorso di colpa delle vittime. Ringraziamo di cuore l’avvocato Gregorio Equizi per averci sempre sostenuto in questo lungo percorso appena iniziato”.








