di Danilo Stefani
Molti non hanno creduto alla parzialità (infatti come fa una guerra ad essere parziale?) e in circa 300 mila – fonte agenzia Bloomberg – hanno lasciato la Russia, ma decine di migliaia di altri individui (ovviamente i più poveri) sono stati chiamati in guerra o sono in procinto di ricevere la ‘cartolina di auguri’ di Vladimir Putin.
Allo zar rispondono le donne russe, madri che ormai usano la parola “guerra” per manifestare urlando il loro dissenso in varie regioni del Paese – a seguito della mobilitazione parziale del 21 settembre – e soprattutto nel Daghestan. Ancora migliaia gli arresti (e viene da chiedersi se le carceri russe siano più numerose dei carri armati con la “Z”).
La “Grande Madre Russia” – locuzione rispolverata da Putin – che aveva sconfitto l’esercito napoleonico e il nazifascismo, è ora in difficoltà contro l’Ucraina. Minaccia e sventola lo spettro nucleare, Putin. E attacca ogni giorno l’Occidente; che assiste attonito e assopito (quando non anche finanziato, e si spera solo in passato, dagli stessi russi). Finite da tempo le nostre indignate manifestazioni di protesta, che mal si conciliavano con l’abbassamento della temperatura casalinga di due gradi, è venuto il tempo delle madri russe. Loro sono una piccola speranza, un segno positivo, nell’impotenza conclamata dei “grandi della terra”. Sull’orlo dell’abisso, pare lecito attaccarsi a tutto.