di Danilo Stefani
Si ritira a 41 anni Roger Federer. Si discute se sia il tennista più forte di sempre, di sicuro è tra gli sportivi più mitici di sempre. Alla fine, dopo svariati interventi alle ginocchia, il campione degli ultimi vent’anni deve arrendersi alla sua corporeità: un dio della racchetta con un corpo, sì umano, ma con tante qualità innate al limite del sovrumano. Giocherà questo fine settimana a Londra la Laver Cup. Ultimo torneo, ultima possibilità per ammirare le sue movenze eleganti, la forza educata, la precisione dei colpi, il controllo congenito e allenato di ogni atteggiamento.
Un tennista e uno sportivo così, forse non poteva che nascere in Svizzera; nel Paese della neutralità per antonomasia. È lì che si forgia Roger Federer cominciando a giocare a tennis all’età di sei anni e diventando campione svizzero a 14. Poi vincerà per vent’anni nel mondo, ma mancherà a tutti gli sportivi e verrà ricordato da diverse generazioni. Tuttavia, quando questi miti terreni chiudono la loro attività, gli sportivi contemporanei non devono che essere entusiasti dall’aver vissuto un’epopea come questa. Aver avuto una congiunzione astrale con lui, con Roger più che con Federer, è un esempio di destino scritto nella roccia.
Sferzata da ogni intemperia, la roccia rimane dove deve essere ogni giorno. Perderà forza e luminosità, ma sarà sempre sulla riva del mare per essere ammirata. Una solidità di emozioni che appartiene a tutti, e a cui aggrapparsi.