Pubblichiamo di seguito alcune riflessioni di Silvio Manglaviti, geografo, componente del Gruppo Operativo Orvieto di Protezione Civile dell’Associazione Nazionale Carabinieri sez. Orvieto e componente di Italia Nostra sez. Orvieto, sulla pioggia straordinaria di questi giorni e i suoi effetti.
Non v’è dubbio alcuno che il quarto d’ora di rovescio anormale di pioggia abbattutosi i giorni scorsi su Orvieto sia stato qualcosa di veramente insolito ed imprevedibile. Ma le conseguenze del cambiamento climatico che stiamo vivendo in questi ultimi tempi sono anche queste. Lunghi periodi di siccità si possono alternare ad improvvisi fenomeni alluvionali, entrambi estremi e che stanno prendendo il posto del clima normale al quale eravamo più o meno abituati; dove esistevano già canicola, afa e acquazzoni improvvisi, ma inseriti in un contesto generalmente previsionabile almeno nei modelli matematici di cui si potesse disporre.
Gli eventi estremi possono divenire pericolosi per noi quando impattano con le sovrastrutture antropiche che si sono affastellate sull’ambiente originario e il più delle volte senza regole né severe analisi di quali situazioni naturali e ambientali andavano a variare. Perché infatti purtroppo il rischio e i danni eventuali susseguenti, in situazioni di pericolo anche latente, sono determinati proprio dall’impatto antropico sull’ambiente preesistente. L’eventuale fonte di pericolo può determinare la probabilità di rischio e la capacità di produrre danni sulla base dei soggetti e degli oggetti presenti in quel momento in un dato luogo.
Sempre riferendoci all’evento straordinario di ieri, ha certamente colpito molto la cascata d’acqua che saltava dalla rupe a piazza Cahen, dopo aver sfondato e abbattuto il muraglione parapetto a ridosso del monumento ai Caduti.
Il pericolo, rappresentato dall’evento alluvionale, è diventato rischio reale con danni effettivi. Ed è andata pure bene che non siano state coinvolte persone.
Tuttavia, quanto è accaduto deve indurre a riflessione. Il muro parapetto divelto dalle acque era stato eretto sul piano pedonale senza almeno apparenti opere di fondamenta; e non ha potuto reggere più di tanto all’ondata anomala venutasi a determinare per il confluire delle acque dilavanti da via Postierla, Corso Cavour e Piazza Cahen. Ma bisogna considerare che quelle acque hanno seguito la via naturale che sempre hanno seguito in questa zona. Infatti, proprio dove era stato costruito il parapetto (e non a caso più in basso rispetto alla piazza) è sempre esistito un fosso con relativo salto o cascata: sulla mappa di Orvieto del Sanvitani (allegato), 1662, è chiaramente rappresentato. Orvieto, il plateau rupestre, è un grande ziqqurat naturale, fatto di tanti gradoni sovrapposti, con un punto culminante a San Francesco.
Da lì, nel corso dei millenni, l’erosione delle acque dilavanti ha modellato il pianoro. In particolare, le acque si sono cercate ed hanno trovato sempre la via gravitativa anche sfruttando faglie e incisioni nella roccia, formando i fossi che hanno sempre caratterizzato il reticolo idrografico superficiale sulla mesa orvietana: il fosso che abbiamo detto verso l’affaccio sulla fonte del Leone; il fosso che saltava su San Zero (dove non a caso Sangallo scavò il pozzo della Rocca); il fosso di Porta Vivaria; il fosso della Cava (altro scavo del Sangallo per il pozzo omonimo); il fosso del Salto del Livio. La Natura non si può domare né dominare. Va rispettata nei suoi ambienti ed ecosistemi; va saputa leggere, per convivere con Essa traendone benefici e non pericoli.
Per approfondire: https://www.academia.edu/63306971/ORVIETO_LE_ACQUE_FOSSI_SORGENTI_CASCATE_RUPESTRI