di Danilo Stefani
Puntando lo sguardo verso sud – est, la campagna che si apre ha qualcosa di miracoloso. Tanto verde, che resiste. Piange, ma impavido, resiste. Questa campagna si confonde -a tratti – con un cielo senza colore che abbaglia la vista, mentre si forma una foschia di calore che si stringe intorno a Orvieto, e ai contorni del suo duomo. Si spera di non vedere le scie di fumo degli incendi, l’altra piaga di un’estate rovente. Caldo, siccità, fuochi, pandemia; è un poker micidiale.
Eppure nella coda del primo pomeriggio si forma un capannello di persone all’ombra di un garage. Anziani, vecchi valorosi, che hanno visto e sopportato di tutto. Fanno persino discorsi fluenti, riescono a ridere, a indignarsi e ad ascoltare il tempo impietoso che passa avvolto in un mantello di calura.
A un centinaio di chilometri da qui, nei Palazzi istituzionali romani, c’è un altro mondo. Si stringono e si sciolgono mani, vengono trovati accordi e nascono ipotesi d’intesa: tutto all’ombra dei sondaggi. Non passa giorno senza un sondaggio. Mai come ora, la politica è controllata dall’aria condizionante dei sondaggisti. L’importante è allearsi per fare numeri.
Una campagna elettorale in piena estate (con questa estate, che ha già la sua follia), non si era mai vista.
Corrosi dal sole, dalla pandemia e dall’invasione di scimmie e cavallette, il 25 settembre andremo al voto per le elezioni politiche tra le più cruente e improvvisate di sempre. Non basterà il cono d’ombra di un garage per sfuggire ai fuochi romani che si propagheranno in autunno.