Riceviamo e di seguito pubblichiamo le osservazioni presentate dal Biodistretto Lago di Bolsena al progetto di parco eolico proposto nei comuni di Orvieto e Castel Giorgio:
Il Biodistretto Lago di Bolsena (BDLB) ha recentemente presentato agli organi di competenza del Ministero della Transizione Ecologica le sue osservazioni in merito alla questione di questo parco megaeolico. Il BDLB si ritiene parte interessata alla vicenda per la prossimità dell’area nelle mire del progetto a quello che è il suo ambito di azione: le 18 municipalità che fanno corona al Lago di Bolsena, includendo Bagnoregio, Proceno, Onano, Acquapendente e vari comuni della Maremma viterbese, fino a Cellere e Canino. Di fatto, tutta l’area vulsina e le sue riserve idriche sono attentamente considerate nei piani di sviluppo sostenibile che il BDLB supporta, a prescindere dai suoi confini amministrativi e guardando ad una fattiva collaborazione interregionale.
Sull’altopiano dell’Alfina il tramonto è bellissimo ma infuocato; toni carichi di rosso si mescolano a cumuli nuvolosi che non sono più capaci di portare acqua gentile. C’è troppa energia in atmosfera a causa dell’effetto serra e questo si riflette in siccità anomale e onde di calore cui si alternano improvvisi eventi estremi a carattere di rovescio. Il terreno, inaridito e impoverito della sua sostanza organica, si comporta da substrato minerale, assorbe poca acqua, la lascia correre a prezzo di erosione incontrollata e di incontrollate piene nei riali, nei torrenti e nei fiumi.Questi, privati delle loro golene, trovano a valle argini e dighe e restringimenti e qui si concentra la loro furia.
L’urgenza di agguantare un fantomatico modello economico a “0” emissioni è drammaticamente evidente, il tutto esacerbato dall’impennata del costo dell’energia in un quadro geopolitico surreale. La solita soluzione meccanicistica è già pronta, incarnata questa volta in un primordio di campo megaeolico di 7 torri di 200 m di altezza alla sommità dell’elica: un rotore che vanta un diametro di 170 m, vero monumento alla tecnologia e alla scienza dei materiali.
Un progetto di 570 pagine. Ne inizia lo studio, una consultazione che vede impegnati diversi membri del Comitato Scientifico del BDLB oltre persone competenti a vario titolo e afferenti all’associazionismo vulsino. Ne scaturiscono osservazioni di criticità progettuale che possono riassumersi in 5 punti: Osservazione 1 – Carenza e superficialità dello Studio Faunistico; Osservazione 2 – Insufficiente discussione del rischio per la salute pubblica da rottura o distacco di una pala e da ribaltamento della turbina; Osservazione 3 – VINCA e Studio di Monitoraggio ornitologico estremamente carenti e falsati da un’analisi del tutto incompleta; Osservazione 4 – Incidenza su percorsi archeologici e paesaggistici; Osservazione 5 – Mancanza di proposte alternative.
Non c’è un’osservazione più importante dell’altra tra queste 5. Sono tutte facce della stessa realtà. Ed è una realtà largamente ignorata in quella che è la fragilità di tutto il sistema socioecologico dell’Alfina: piccole comunità in paesi piccoli che invecchiano e si spopolano mentre cercano di mantenere un’economia antica di stampo rurale ed artigianale, pure basata su enormi valori ambientali, storici e culturali che emanano un’enorme attrattiva turistica. Non si sottovalutino le osservazioni 1 e 3 che evidenziano carenze progettuali difficilmente sanabili a carico soprattutto di ornitofauna e chirotteri. Sono questi dei potenti bioindicatori della qualità ambientale e della complessità del nostro territorio. Sarebbe ora di riconoscere che sistemi complessi richiedono soluzioni complesse.
Queste si basano su decisioni concertate e condivise tra le comunità residenti, le vere custodi del territorio. In un giuoco complesso di parti ed aspettative, semplici o ingarbugliate, concordi o contrastanti che siano, il BDLB si pone quale promotore di discussione, individuazione e condivisione di buone pratiche di sostenibilità, partendo dalla realtà rurale ma includendo ogni aspetto e componente della realtà sociale, ambientale ed economica. In un tale scacchiere, le tecnologie rivolte alle energie rinnovabili sono di importanza basilare e tenute in massima considerazione.
Tuttavia, l’appello che si vuole qui lanciare riguarda la contestualizzazione e il dimensionamento delle stesse soluzioni tecnologiche a quelli che sono i prerequisiti identitari e le istanze di sviluppo sostenibile dei territori. Non si sottovalutino, dunque, gli impatti negativi di megaimpianti, quali che siano, sui valori ambientali, economici, culturali e storici di un’area come l’Alfina. Si rifletta, piuttosto, sulla nostra osservazione n. 5: mancanza di proposte alternative (e, probabilmente, più funzionali alla sopravvivenza del territorio).
Siano benvenute ed incentivate in ambito di progetti comuni tutte quelle tecnologie con suffisso micro, mini e medio, capaci di supportare la fondazione di una vera e propria comunità energetica, orientata oltre la mera autosufficienza energetica, procedendo dalla scala familiare a quella aziendale e municipale, senza intaccare i valori comuni intrinseci al territorio: società, natura, agricoltura, pesca, storia, arte e cultura. Non sarebbe più saggio, per quanto riguarda le mega-installazioni, prendere in considerazione aree che siano già fortemente degradate e ampiamente impermeabilizzate, soprattutto per il fotovoltaico, nonché la realizzazione di parchi eolici offshore ad alta efficienza e ridotto impatto ambientale?
Gabriele Antoniella,
presidente del Biodistretto Lago di Bolsena