di Danilo Stefani
L’era del digitale. All’inizio del ventunesimo secolo ci avevano promesso che digitalizzare i dati avrebbe reso la Pubblica amministrazione più snella, più consultabile, più semplice. Ma pensiamo al servizio più importante, quello sanitario. Aver bisogno di un medico quando si è fuori regione di residenza, ad esempio, è una vera disdetta. Per chiedere una ricetta bisogna trovare un medico che con gentilezza ci riceva, e che non sapendo nulla della nostra storia sanitaria, come in una serie tv, aspettare il seguito e dire una preghierina.
Il medico, che è lo “sceneggiatore” del caso, rivolge domande generiche. Perché in questo caso il paziente è generico. “Lei non dorme?” “E come mai?” “Lo sa che esiste un’igiene del sonno?”.
Il paziente capisce l’imbarazzo del professionista e, prima di addormentarsi, ricorda al medico che esiste il fascicolo sanitario elettronico (FSE) che dovrebbe seguire lui, il paziente, ovunque vada: è la ‘sceneggiatura’ della nostra storia clinica.
Ma l’ormai famigerato FSE non funziona perché incompleto e disarticolato. Non funziona nelle singole regioni: figuriamoci se può funzionare quando si è in viaggio. “Perché le regioni parlano linguaggi diversi” e non si connettono tra loro, come spiega Milena Gabanelli in una sua, al solito scrupolosa inchiesta sul Corriere della Sera. Niente di nuovo sui linguaggi diversi: più di due anni di pandemia lo hanno ben dimostrato. Ma oltre all’eroismo di alcuni, esiste una perenne tragedia dentro la normalità.
Si può dimostrare non solo che le regioni parlano e scrivono con linguaggi diversi le une con le altre. Gli ospedali, le cliniche, i Pronto Soccorso (che spesso sono prontamente inadeguati) si esprimono e danno risultati poco lusinghieri anche all’interno dei loro confini regionali, andando ben oltre ai fascicoli trascurati.
Alla fine ci vuole fortuna per trovare il medico giusto, l’ambulatorio più attrezzato, il personale sanitario che abbia empatia nel suo DNA, e notti che non siano di luna piena. Sfido infatti chiunque a non essersi mai sentito “vampirizzato” all’interno di certe strutture dove ci si può sentire come numeri, numeretti in attesa.
Un paziente sommario del “tutto sommato”. Ma con un quadro incompleto, come dimostrato dal famigerato fascicolo sanitario elettronico. Il signor “So Mario…”, insomma, nell’era analogica funzionava forse di più.