di Renato Piscini
Ogni qualvolta siamo in presenza di una comunità, necessita gestire la cosa pubblica. Questo significa che si devono prevedere regole e processi che consentano decisioni che coinvolgono tutti. È evidente che il significato ha mutato prassi lungo il percorso della storia, ma la politica esiste fin da quando l’uomo ha avuto la necessità di operare decisioni. Per esempio Machiavelli la vede come mero strumento di dominio, mentre Hobbes la considera come mera azione dell’obbedienza. La sua evoluzione ci introduce il concetto di orizzontale e verticale: nella prima l’unità costitutiva è inscomponibile ovvero commistione tra politico e sociale. Il concetto della concezione verticale si affaccia con il concetto di Stato (Machiavelli).
Però la domanda che rimane è se esiste o meno la nozione di politica e, comunque, due concetti sono alla sua base: essa ha a che vedere con decisioni comuni che ricadono appunto sulla comunità, oppure la stessa si inquadra in contesti ove è previsto il ricorso all’uso della forza. Certo la politica è difficile da capire primo perchè invisibile, in quanto in buona parte si svolge dietro le quinte o con relazioni interpersonali. Secondo è multiforme in quanto vi sono ampi attori, persino a volte si mescola con la religione. Ancora complessa per il linguaggio che la caratterizza e per la natura dei fenomeni con diverse variabili. Ambivalente in quanto include, divide e crea inimicizie.
Poi c’è la politica interna e internazionale, dove i conflitti la fanno da padrone e sede di relazioni reciproche accentuate. Ambedue regolano le comunità.
Ma chi fa politica, i professionisti o altri mondi come giornalisti, sindacalisti, militari, imprenditori, avvocati in sostanza interagisce con altre esperienze.
Com’è il comportamento politico! Vi sono diverse forme quelle basate sul dialogo, sulla coercizione, imposti dall’alto, basati su criteri e azioni basate sulla ricerca del consenso. Allora subentra il tema del potere che va distinto su due forme. Concetto relazionale, concetto istituzionale con conseguente per il primo interrelazione tra individui, il secondo la presenza di più attori.
Il primato della politica e di ordinare la comunità e fissare le regole. Purtroppo non avviene allo stesso modo si passa ad un regime totalitario o democratico. Infine la politica come primato si ma anche autonomia e i confini sono variabili secondo le culture, i luoghi, i momenti storici. Politica autonoma o politica che accentra (Machiavelli-Hobbes) o politica da delimitare, controllare magari vincolando la libertà degli individui (Montesquieu – Federalisti). Infine come cambia la politica nel secolo che ci riguarda economia-diritti-sociale-welfare, insomma uno Stato è sfidato da processi aggregativi ma anche da processi disgregativi e l’era moderna ce ne da un esempio.
Perchè si parla della crisi della politica? Perchè il vecchio cambia, si trasforma e allora occorre distinguere due piani: uno gli ideali, i valori e l’altro la pratica politica quotidiana fatta di compromessi, prevaricazioni, piccole miserie. Quando la seconda parte tende a prevalere si crea uno squilibrio con i conseguenti tentativi di fare a meno della politica, o sostituendo la competenza con altro. Ancora una volta ancoriamoci alla storia con lo sguardo al futuro, ma ricchi di buon senso e riconoscibilità della competenza.