di Danilo Stefani
Una notizia tragica: eppure, in questo travagliato mondo, a suo modo banale. Mario, 48 anni, viene ritrovato morto (“quasi mummificato”) in un appartamento di un condominio in una zona popolare di Torino. Morto da “almeno sei mesi” dicono le cronache.
“Era il tipo del ‘Buongiorno e Buonasera’ e la conversazione finiva lì”, raccontano i vicini al Corriere della Sera. Un tipo solitario. Un lupo dei nostri tempi, che persi i genitori aveva smarrito ogni riferimento. Aveva pochissimi amici, dicono. I vicini – pur vedendo la cassetta della posta stracolma – non si erano preoccupati. Era uno che viveva così; nel suo guscio di solitudine.
L’uomo, dopo aver perso la madre, si era ancor di più chiuso in sé stesso. Non aveva più contatti neanche con la sorella maggiore, che però aveva provveduto a pagargli le rate condominiali in anticipo, era disoccupato e viveva di un sussidio. Aveva tutto quello che gli bastava per morire così, in un giorno preciso, in un’ora precisa, di un momento che rimarrà solo suo.
Mario non era più connesso con il mondo, era un disconnesso sociale in questo pianeta sempre meno umano, che ti consente di vivere tra tanti scomparendo da solo. E di morire, solo, come nella banalità di tante solitudini dove nessuno ti viene più a cercare, perché devi essere ‘per forza connesso’.
Non c’era “campo” nel suo appartamento e nel suo destino, se non la puzza. L’odore nauseante che ha allarmato i vicini e permesso il ritrovamento del cadavere, evitando così la mummificazione, proprio nella città del Museo Egizio. Fino al prossimo “Buongiorno e Buonasera” del ventunesimo secolo.