di Danilo Stefani
Il quotidiano ci lascia sempre qualcosa di scioccante e la realtà supera spesso l’immaginabile. La tragedia dell’asilo a Pile, frazione dell’Aquila, lacera le coscienze più di un atto di guerra. Un’auto sfonda la recinzione – a causa di un maledetto freno a mano sganciato – e travolge sei bambini dai 4 ai 5 anni, uno di loro, Tommaso di 4 anni, è morto. Famiglie distrutte, una mamma è sotto inchiesta per omicidio stradale.
Abituati a tante tragedie, domani dimenticheremo. Loro, no. I sopravvissuti a questo ‘atto di guerra involontario’ porteranno con sé il segno indelebile di quei perché, a cui non c’è risposta. Intanto Vladimir Vladimirovič Putin (un nome più lungo dei suoi 170 cm di statura), appassionato di cure alternative, si riguarda – secondo fonti russe – da una delle sue “innumerevoli malattie” (che gli vengono attribuite) con “impacchi di sangue di cervo, che avrebbero effetti miracolosi”.
Sangue di bambini, sangue di cervo; per Putin non c’è, in tutta evidenza, distinzione – se non nella propria cura. I bimbi di Pile, come quelli ucraini, versano invece sangue innocente ma del tutto dissimile. Non deve esserci scampo per chi uccide i bimbi, sapendo di poterli uccidere. Come non c’è stato scampo per Tommaso, dentro una tragedia disumana e fatale.
Ma la guerra ha tante pile, e tutte ricaricabili. E nel contrapporsi alla vicenda Russia – Ucraina la politica è divisa: i pro Putin avanzano, per inerzia o per calcolo, ma avanzano. L’Ungheria e la Turchia si dimostrano zavorre, cavalli di troia per l’Europa. Gli Stati Uniti non accennano a una parola che porti alla Pace, guidati da un presidente che viene spontaneo chiamare “nonno, Joe”.
Il gigante cinese dorme nell’ombra della sua ambiguità, e da lì sembra non esca un vaccino che non sia un virus. Si sente l’eco di un “signor Putin” pronunciato da Silvio Berlusconi, e vengono i brividi (anche se l’appellativo era riferito all’assenza di leader mondiali all’altezza). E si capisce. È cominciata la campagna elettorale italica, la poco divina commedia; e non c’è sangue che curi queste coscienze malate di protagonismo e potere: né di cervo né di bambino.