Dicono di lei che sia particolarmente suscettibile e che dietro il sorriso nasconda un carattere fin troppo deciso. Qualcuno arriva a dire che da quando ha indossato la fascia tricolore, Roberta Tardani si sia trincerata dentro il suo ufficio come quel patriarca descritto da Garcia Marquez, seduto dietro la scrivania del potere in compagnia della solitudine che il potere pretende sempre in cambio.
E a dire il vero lei non ha mai nascosto che le cose stiano così, tanto che durante la campagna elettorale – aprile 2019, più o meno tre secoli fa – quando ci incontrammo per un’intervista, mi sorprese non poco la sua comprensione nei confronti di Giuseppe Germani, macchiatosi di quello stesso peccato, la solitudine innata in chi gestisce ruoli chiave, di cui oggi lei stesa viene accusata.
Eppure lei non ce l’ha con nessuno, non accusa nessuno, non se la prende con nessuno. I suoi rapporti con l’opposizione? “Dal mio punto di vista sono più che buoni”, dichiara. Le burrasche interne alla maggioranza? “Assolutamente no, abbiamo unità di intenti ed è chiaro che io sono la sindaca ma agisco ed opero insieme ad una squadra che è la migliore possibile”, continua. Non una polemica, non un graffio, neanche un accenno ad uno sguardo torvo, nulla di nulla. Peccato, il cronista alla costante ricerca del pelo nell’uovo o del dettaglio che possa scatenare la polemica rimane quasi sempre deluso con lei, per chi scrive poco male, non ero qui per aprire l’ombrello con il solleone, direbbe Pierluigi Bersani.
Alla domanda sul Centro Studi e l’accordo con l’Università Europea, leggi Legionari di Cristo e tutto l’ambaradam che c’è dietro, Roberta Tardani non si scompone e conferma senza tentennamenti che quell’accordo è cosa buona e giusta, per la città e per il CSCO, le polemiche vengono gentilmente imbustate e rispedite al mittente senza troppi ghirigori. “Io penso alla concretezza delle cose, la filosofia la lascio ad altri”. Non so se ce l’avesse su con Franco Barbabella che, sia detto con il massimo rispetto per tutta la minoranza, appare come l’unica figura in grado di contrastare e controbattere la prima cittadina, in consiglio ma anche con le iniziative all’esterno del palazzo. Sono convinto che Roberta Tardani sia il primo partito di Orvieto, pur senza aver fatto nessuna rilevazione statistica, tantomeno sondaggi a destra e a manca.
Donatella Tesei, la presidente della Regione con la quale ha un buon rapporto e verso la quale, parole di sindaca, “non ho mai mancato di far sentire la voce di Orvieto e le esigenze di questo territorio”, ha compreso che nel 2022 la comunicazione non è importante, è tutto. A questa sacrosanta verità Roberta Tardani ci era arrivata già in campagna elettorale e ne ha fatto un mantra del suo agire anche una volta eletta, perchè tutto si può dire di lei, tranne che non sappia comunicare in maniera efficace. E ad una città delusa, scoraggiata, in preda ad una crisi economica, imprenditoriale e demografica, incapace di riconoscere una sua identità, è bastato poco o niente per cambiare di umore. “La sindaca non ha una visione strategica, non pensa alla città del 2030 ma a quella del 2024, quando ci saranno le prossime elezioni”, dicono di lei i critici.
E lei ribatte mettendosi nei panni dell’intramontabile Vujadin Boskov, mitologico allenatore della Sampdoria e di mezzo album di figurine Panini, che rispondeva alle critiche con frasi iconiche che sono passate alla storia del giornalismo sportivo: “Per arrivare al 2030 bisogna intanto vincere le elezioni del 2024”, risponde sardonica. Convinta che le sue strategie comunicative e di promozione della città siano alla base degli indubbi incrementi di presenze turistiche registrati negli ultimi due anni, sorride alle accuse che le vengono mosse riguardo la gestione della sanità, dell’ospedale, della discarica de Le Crete e del suo presunto asservimento ai diktat perugini. Seppellisce con una risata le accuse mosse da chi, soprattutto nella gioiosa macchina da guerra con tendenze tafazziane del PD locale, è stato per decenni padrone del vapore sulla rupe e a palazzo Cesaroni.
Si dice contraria all’ipotesi di allargamento della discarica e alla cancellazione del distretto sanitario di Orvieto e, se proprio la si vuol far sentire in colpa per decisioni che passano sopra alla testa degli orvietani, si sente in buona compagnia con coloro da cui ha ereditato questa situazione. Conosce bene i ruoli che la politica assegna, avendoli ricoperti tutti quanti, dalla minoranza fino al più alto incarico cittadino e conosce a menadito tutte le parti in commedia che occorre saper recitare quando si ricopre un ruolo, per questo motivo non se la prende con l’opposizione se fa l’opposizione. Vorrebbe, questo sì, più comprensione da parte della minoranza, soprattutto alla luce del fatto che gli ultimi due anni non sono stati affatto normali, perchè ricoprire un ruolo di responsabilità a marzo del 2020, quando è accaduto un fatto epocale senza precedenti, non deve essere stato semplice per nessuno, a Palazzo Chigi come nell’ultimo comune di provincia dello stivale.
E’ sicura che a Perugia l’ascoltino e che con lei sia cambiata anche la percezione nei confronti della città, tanto che del neonato progetto Civitas Umbria, una sorta di listone civico pendente a destra benedetto da Tesei & Co., le è stata assegnata la presidenza. Dice che a Orvieto si sta bene ma a Perugia non si sta male. Cioè, non lo dice espressamente ma con un sorriso larghissimo rispondendo alla domanda volutamente provocatoria, e comunque la si pensi, chiunque vorrà vincere nel 2024, a destra come a sinistra, dovrà fare i conti con lei e la sua presenza, per molti ingombrante, ma che ha saputo riempire un vuoto di immagine.
In tempi in cui la politica tutta sta cambiando pelle ancora una volta, tra i tentennamenti del presente e le incertezze sul futuro dove nessuno è pronto a scommettere che tra cinque anni i partiti siano ancora quelli che abbiamo di fronte oggi, emergono figure autonome in grado di sopperire alla mancanza di capacità di rappresentanza dei partiti e Roberta Tardani questo fa. In attesa di capire cosa vorrà fare da grande la sinistra orvietana, o anche solo nel 2024, che pare incapace di uscire dalla propria metà campo, schiacciata tra la presenza ingombrante della sindaca e una palla che non si sa proprio come far girare.