di Gabriele Marcheggiani
Non deroga mai al suo aplomb, con calma olimpica e voce pacata, Matteo Tonelli riesce comunque a trasmettere al suo interlocutore la consapevolezza di star dialogando con una persona autorevole e colta. Si schernisce troppo quando dice di “non conoscere a fondo le vicende orvietane”, perché il suo curriculum dovrebbe anzi portarlo a credere il contrario: commercialista da una vita, Tonelli ha presieduto fino al 2019 il Centro Studi ed è sempre molto attento alle cose che accadono in città.
Sui social interviene poco, ma quando lo fa assesta sempre di fioretto piuttosto che di spada, non affonda mai la lama ma lascia comunque il segno. Amministratore delegato della Impresa Sociale Cittadinanza Territorio Sviluppo, ha deciso di dedicare parte del suo tempo, insieme ad altri professionisti, allo studio approfondito delle dinamiche economiche e sociali del territorio orvietano, un osservatorio permanente il cui intento non è (solo) quello di sciorinare cifre e numeri comunque reperibili da chiunque, quanto piuttosto analizzarne le valenze e gli impatti sulla realtà di Orvieto e dei comuni che a esso fanno riferimento.
Dallo scorso dicembre, quando la CTS Impresa Sociale ha presentato il suo primo lavoro, puntando il faro sulle prime venti società di capitali del territorio facente capo all’Area Interna Sud Ovest Orvietano, Tonelli dice di aver ricevuto diversi riscontri, molti apprezzamenti ma, i suoi silenzi a domanda specifica non lasciano adito a dubbi,
probabilmente pochi da chi quei dati avrebbe dovuto leggerli dalle stanze dove si amministra il territorio e si dovrebbero mettere in pratica idee, soluzioni e progetti per il futuro.
La situazione è grave e, non ce ne voglia Flaiano, anche fin troppo seria. Prendendo come riferimento i bilanci 2019 delle maggiori imprese del territorio, quindi prima della comparsa del Covid, risultavano criticità importanti che, a fronte di una sola azienda di dimensioni e con numeri importanti (Ceprini Costruzioni, ndr), sulla sola Orvieto si concentrano ben 14 delle 20 aziende prese in esame. Ebbene, la crisi già palese nel 2019 di una di queste aziende (la Vetrya, ndr), ha fatto sì che la sua perdita mangiasse letteralmente gli utili delle altre 13, segno evidente di uno squilibrio nel tessuto economico e imprenditoriale della città, un campanello di allarme, e non il solo, dal quale risulta evidente la mancanza di forza di quell’imprenditoria media che da sola non ha la forza trainante per tenere a galla l’economia del territorio. Per Tonelli non è il caso di addossare colpe a destra e a manca (è proprio il caso di dirlo), la crisi del territorio orvietano affonda le sue radici in un passato talmente lontano da essere oramai argomento per i libri di storia di questa parte di Umbria.
Se c’è una cosa per cui la politica tutta dovrebbe essere bacchettata, è la mancanza di progettazione a medio – lungo termine, l’incapacità, a dire il vero tutta italiana, di volare alto provando a tracciare un percorso che punti ben oltre la prossima tornata elettorale. Si avverte un pizzico di delusione quando afferma che “i problemi del territorio sono molti e importanti, non c’è una soluzione pronta che possa risolverli in breve tempo e nessuno chiede alla politica questa cosa. Si può invece, partendo anche, perché no, dai dati messi a disposizione da CTS, provare a imbastire un percorso virtuoso che miri ai prossimi dieci – quindici anni, non certo al 2024”.
La sua preoccupazione è forte, visto che proprio ora la CTS sta mettendo sotto la lente di ingrandimento i dati degli stessi bilanci relativi al 2020 l’anno tragico dell’inizio della pandemia, il cui risultato verrà reso pubblico come il precedente e in più questa volta affiancato da una analisi sulla complessiva demografia delle imprese nel territorio. L’impressione, che è praticamente una certezza, è quella che ci si troverà di fronte a una crisi conclamata di cui il Covid però è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso, come si è visto nel caso di Vetrya, che a ben vedere poco ha a che fare con la pandemia.
“Tra poco usciremo con un altro studio relativo all’andamento demografico del territorio, un altro dei punti critici del quale sarà difficile trovare una soluzione a breve. Anche perchè”, prosegue Tonelli, “la situazione è naturalmente interconnessa tra crisi economica e occupazionale, mancanza di prospettiva, il venir meno di servizi pubblici essenziali, mancanza di infrastrutture in grado di attrarre imprese e lavoro, che il calo demografico non si capisce bene se sia una concausa anch’esso della crisi oppure un suo drammatico effetto sul futuro, Ecco, sarebbe interessante, e certamente molto utile, allargare il dibattito per comprendere e, se possibile, governare queste dinamiche”.
Sul Centro Studi dà una risposta, me lo concederà, degna del miglior Romano Prodi di osservanza scudocrociata: “Sono due anni e mezzo che sono fuori dal CSCO, non ho notizie diverse da quelle che hanno tutti i cittadini orvietani su quel che avviene, ma questo non significa che non si stiano facendo cose anche importanti.”.